Il Messaggero, 21 gennaio 2020
QQAN20 Le fascette dei libri mentono. Intervista a Marco Cassini
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«Sconfitto al Premio Strega». E ancora, «il sequel di cui francamente non si sentiva il bisogno», «ha una copertina fantastica» o perché no: «lo Stephen King del suo palazzo». Vi immaginate queste frasi choc sulle fascette delle novità? Provate a sognare un mondo in cui sui libri che troviamo sugli scaffali, le fascette – le strisce di carta colorata gialle o rosse anziché sbandierare i premi vinti dall’autore, far paragoni eccellenti «il nuovo Kafka», «il nuovo Roth» – o enunciare frasi iperboliche e talvolta inquietanti – «non riuscirete più a prendere sonno» – ci dicessero la spietata verità? Ma le fascette servono? L’idea del cosiddetto effetto gregge se è piaciuto al tizio famoso, se in Islanda e Paraguay se lo sono conteso sui banchi della novità, tu chi sei per non leggerlo!? funziona davvero o è una mossa della disperazione? Oggi, se siete a caccia di quelle più strane, visitate l’esilarante blog di Alberto Forni, Fascetta nera. Ma torna in mente sempre lui, Mark Twain, inesauribile fonte di citazioni fulminanti: «Un classico è un libro che tutti vorrebbero aver letto ma che nessuno legge». O per dirlo con le parole di Alessandro Baricco che, di recente è stato al gioco firmandone una per Tito Faraci & Sio: «Non l’ho ancora letto». Marco Cassini – che nel 1994 ha fondato Minimum Fax con Daniele Di Gennaro e oggi dirige la casa editrice SUR, la Scuola del libro e organizza il festival La grande invasione a Ivrea giocando sul fenomeno fascetta e sugli strilli talvolta ai limiti del parossistico, al Festivaletteratura di Mantova ha lanciato su Twitter #fascettaonesta coinvolgendo autori, giornalisti, influencer, a caccia della frase più stravagante possibile. Ne è nato un libro divertente – Fascette oneste. Se gli editori potessero dire la verità (Italo Svevo, pp.96 10) e diciamolo pure, liberatorio.
Cassini, com’è nata questa idea?
«Eravamo un gruppo di persone a Mantova – Raffaella Lops, Giuseppe Antonelli, Gianmario Pilo, Gaia Manzini e Paolo Giordano – e abbiamo immaginato cosa accadesse se gli editori fossero semplicemente sinceri. Tantissimi hanno aderito con un tweet, alla fine erano oltre duemila e qui ne abbiamo selezionati circa 500».
Gli editori mentono?
«È una questione commerciale, ciascun editore si arrangia come può. Ma nel caso delle fascette è una questione di credibilità: c’è qualcosa di importante da dire? Ne vale davvero la pena? Le fascette sono un tic dell’editoria, la nevrosi di dover alzare la voce per farsi notare in libreria».
Le più strane?
«Quelle che ripropongo citazioni di giornali sconosciuti, di autori mai sentiti, la vittoria di premi che dubiti esistano sul serio o frasi che non c’entrano proprio niente con il libro. A che gioco stiamo giocando?»
Ricorda una fascetta che le ha fatto tremare i polsi?
«La più aberrante in assoluto? In occasione della prima edizione de Il Grande Fratello, Mondadori mise su 1984 di George Orwell la scritta: il libro che ha ispirato il reality show».
La tipologia peggiore?
«Mi fanno sorridere quelle in cui c’è scritto quattro edizioni in una settimana. Anziché fare bella figura credo che dovrebbero interrogarsi sulla capacità del direttore commerciale di saper stabilire le tirature. E quando non si può dire un numero di copie vendute, si scrive un libro da un milione di lettori o il successo del passaparola: d’accordo, ma che significa?»
È diffusa l’usanza di spedire libri ad autori più o meno noti sperando che confezionino una frase ad hoc per la fascetta.
«Anni fa tentammo, avremmo voluto usare una frase di un famoso autore italiano»
E come andò a finire?
«Ci chiamò il suo agente e ci chiese una cifra spropositata, persino più alta di quanto avevamo dato d’anticipo all’autore del romanzo. Ovviamente lasciammo perdere».
Dica la verità, anche lei ha mentito.
«Sì e in diversi modi».
Addirittura!
«Con Minimum Fax pubblicammo anni fa il Cahiers du Cinéma, era il nostro primo libro di cinema, una selezioni di interviste ai grandi cineasti curata da Goffredo Fofi e ci scrivemmo: Questo libro è la storia del cinema Le Monde. La frase era del tutto inventata però il libro andò benone».
E poi?
«Qualche anno fa con Sur pubblicammo l’autobiografia di Johnny Marr, celebre co-fondatore degli Smiths. Nel contratto aveva preteso che non fosse scritto da nessuna parte che fosse legato alla storia del gruppo. Un bel guaio, non sapevamo come dargli la giusta visibilità»
Come andò?
«Sul libro non lo scrivemmo da nessuna parte. Ma gli abbiamo fatto una bella fascetta a caratteri cubitali: l’autobiografia del fondatore dei The Smiths. Una bugia bianca, in fondo. Ovviamente a lui abbiamo mandato una copia senza fascetta».
Fra le tantissime fascette inventate c’è anche questa: «si abbina bene a ogni tazza».
«L’ha scritta Marco Rossari. Credo si riferisse alla moda di fare foto e abbinarle alle vettovaglie ma a me ha fatto pensare a tutti quei capolavori che abbiamo letto proprio lì, in bagno. E del resto, negli alberghi, dopo aver igienizzato tutto, non lasciamo proprio una fascetta? In effetti, potrebbe essere una bella metafora di certa letteratura».