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 2020  gennaio 20 Lunedì calendario

Intervista a Paola Cortellesi

«Quella di Mattia sul set non è stata una memoria ma una presenza». Nella voce di Paola Cortellesi l’emozione, ma anche la serenità di chi è riuscito a fare un cosa a cui teneva molto: «Non sappiamo come sarebbe venuto se lo avesse diretto lui, ma crediamo di aver fatto il film che voleva lui». Mattia Torre, autore di grandissimo talento, è morto nel luglio scorso e cosi Giuseppe Bonito ha girato, con Cortellesi e Valerio Mastandrea, Figli. Due genitori alle prese con la nascita del secondogenito: il sonno che manca, la ribellione dei nonni precettati, l’economia domestica che scricchiola, come la coppia. Figli è nato come articolo su una rivista, diventato monologo televisivo affidato a Mastandrea e poi fenomeno virale su web e social. Ora, oltre a un film in sala il 23 gennaio, Figli è anche uno dei sette atti comici del libro di Torre In mezzo al mare, edito da Mondadori.
Quando è entrata nel progetto?
«Mattia mi fece leggere l’articolo, solo un embrione di sceneggiatura,"di questa cosa voglio farne un film". Ho detto sì senza neanche avere un ruolo, mi riconoscevo in mille situazioni, perfino in ogni tipologia di coppia che viene raccontata, dalla naturista alla iperprotettiva. Il talento di Mattia era far sì che ci si potesse riconoscere in situazioni realistiche, ma di cui si può ridere abbracciando la sua vena surreale. Tutti abbiamo pensato di buttarci dalla finestra, nel film lo faccio. Nel percorso del film anche chi non è autoironico viene aiutato a superare le difficoltà. Lo definirei un lavoro terapeutico».
Il film fa scattare un senso di identificazione nelle coppie con figli, ma spalanca una finestra su un mondo sconosciuto.
«C’è un tabù, non so se tutto italiano, su certi argomenti. Siete genitori? È la cosa più bella, siate felici e non rompete. E invece ci sono tante difficoltà, anche economiche, che minano una coppia. Il film parla di un rapporto d’amore: col tempo capisci che chi pensavi di cambiare non cambierà, che il compromesso non è una brutta parola ma un venirsi incontro. Riguarda anche le coppie senza figli. Figli fa ridere, ma sottolinea anche che non è un peccato associare il ruolo di genitori alle preoccupazioni, che non ci si deve vergognare di sentirsi scombussolati, che servono altri parametri per affrontare il presente».
Quali sono i capitoli della storia in cui si è ritrovata di più?
«La perdita del sonno è un brutto risveglio rispetto al periodo felice della gravidanza, quando hai gli ormoni a palla, sei felice e inconsapevole, tutto è "fantastico, yeah". Ingigantisce il malumore, la tensione. L’unica volta in cui ho provato invidia per qualcuno è stata per chi mi ha detto "il mio ha sempre dormito beato". Soprattutto mi sono riconosciuta nell’educazione della figlia maggiore, la teoria che s’infrange nella pratica quotidiana, la gestione dell’iPad. Perdi la rigidità, ma senti anche la responsabilità di dare il giusto esempio. Credo sia anche un fatto generazionale, i miei genitori non si sono fatti tutti questi problemi, men che meno i nonni».
Tra le scene esilaranti quelle al festificio con i gonfiabili in cui Mastandrea, che gestisce una salmoneria, per un equivoco dovuto al frastuono perde un’occasione di lavoro.
«Mi sono profondamente riconosciuta. Non puoi offendere il genitore che ha organizzato la festa e poi , soprattutto, tuo figlio ci vuole andare. E lì si arrampica rischiando di rompersi l’osso del collo e tu devi stare lì a fingere che tutto vada bene, urli come un ossesso convenevoli a genitori che incontri tre volte l’anno, torni con la raucedine e l’ansia a mille. E ti dicono "Hai solo accompagnato accompagnato i figli a una festicciola, che sarà mai? ».
Ci sono i nonni che rifiutano di essere precettati e rivendicano la libertà e il loro potere sociale.
«Ai nonni tocca accompagnare la genitorialità, supplire ai servizi mancanti. Ostaggio dei nipoti, quando potrebbero serenamente godersi la loro età matura, come hanno fatto invece i nostri nonni. E questo si dà per scontato. In più, nel suo monologo il personaggio di mia madre racconta anche quanto sia importante economicamente il gradimento dei ragazzi, il teatro, il cinema, i consumi culturali. "Se non fosse stato per i nostri libretti di risparmio saremmo finiti come la Grecia", dice, a ragione. Gli anziani sono una massa silenziosa ma potentissima».
Ancora oggi nella quotidianità è data per scontata la diversità di ruoli tra uomini e donne. Il suo personaggio dice al marito "Secoli di maschilismo vi hanno formattato per sempre".
«È un retaggio millenario. Ma è stato bello inserirlo in una coppia illuminata e con un personaggio maschile in grado di guardarsi dentro e capire che è figlio di quel tipo di educazione. Fatica a staccarsi dal modello, ma cerca di emanciparsi. Un altro tabù riguarda le madri che hanno bisogno di staccarsi e respirare dalla quotidiana segregazione. Se lo dici ti prendono per un mostro. Dividersi i compiti porterebbe maggiore equilibrio e gioia nell’affrontre la faccenda» .
Lei e Mastandrea siete molto affiatati.
«Un sentimento che nasce da vant’anni di frequentazione e amicizia. Questo è il primo film che facciamo realmente insieme, ma ne abbiamo combinate tante in tv in Nessun dorma, liberi di provare le cose che piacciono a noi».
Su twitter Cortellesi in questi giorni posta video esilaranti con Mastandrea in parrucca o in sketch surreali, lui cinguetta in risposta: "Solo tu potevi farmi fare questo".