il Fatto Quotidiano, 20 gennaio 2020
Football Usa, il caso straordinario dei Packers
Nessun profitto, solo sport. In inglese suonerebbe meglio, certo, e potrebbe sembrare il claim di una raccolta fondi per l’acquisto delle magliette di un campionato dilettantistico di provincia. Eppure, sorprendentemente, fotografa bene lo spirito di una delle quattro squadre in campo ieri sera per il Super Bowl, il gioco più ricco del mondo che domenica 2 febbraio, all’Hard Rock Stadium di Miami, consacrerà i vincitori del National Football League, la lega professionistica di football americana. Un rito collettivo: la finale del 2019 ha tenuto inchiodati allo schermo oltre 110 milioni di americani. Un business con tantissimi zeri: un biglietto costa in media 5mila dollari (c’è chi è disposto a spenderne anche 30mila).
Costa 5 milioni uno spot di 30 secondi sulla rete che ha acquistato i diritti della finale; 2,5 miliardi il valore medio di ogni franchigia, con i Dallas Cowboy al top con 5 miliardi. Insomma, numeri da capogiro. E ieri notte i Kansan City Chiefs contro i Tennessee Titans e i San Francisco 49ers contro i Green Bay Packers si sono sfidati per arrivare a Miami e conquistare un posto nel mito. Ma vincitori o no sul campo, la storia dei Green Bay Packers è segnata dai record, e in questa storia la caccia allo sponsor per le magliette è parte della leggenda.
Il nome rende omaggio alla cittadina che gli ha dato i natali, Green Bay – 100mila abitanti o poco più, affacciata su un ramo del lago Michigan, nel Wisconsin, Midwest. E alla Indian Packing Company, azienda produttrice di carne in scatola: nel 1919 il fondatore della squadra, Curly Lambeau, chiese al suo datore di lavoro i soldi per le divise. E anche se la sponsorizzazione coprì soltanto una parte della prima stagione, i giocatori di Green Bay sono rimasti i packers, gli impacchettatori. Così come sono rimasti l’unica small town team, le squadre delle piccole città, comuni negli anni Venti e Trenta, ma oggi il privilegio di ospitare una franchigia di Nfl richiede una popolazione di almeno un milione di abitanti. Il privilegio di cui gode la piccola città del Wisconsin appare, poi, tanto più grande se si considera che il Lambeau Field, lo stadio intitolato al fondatore, riesce a contenere l’80 per cento dei suoi cittadini.Ed è sempre pieno.
Ma a renderli davvero unici nel panorama dello sport professionistico americano è l’assetto societario: non c’è un azionista di riferimento, non c’è un proprietario. O meglio, un proprietario c’è ed è una comunità intera: un azionariato diffusissimo, composto da 360.760 soci, con un limite di 200 mila azioni ciascuno (pari al 4 per cento) per evitare che qualcuno possa assumere il controllo del club.Il valore della squadra è oggi pari a circa 2,60 miliardi di dollari. Nessun dividendo, la contropartita sta nell’orgoglio dei cheesheads – così sono conosciuti tifosi dei Packes per via del bizzarro cappello a forma di fetta di formaggio che amano esibire – di sentirsi parte del team, aver contribuito a sostenerlo nei momenti difficili che negli anni non sono mancati, non certo di poter esprimere un voto nel Consiglio di amministrazione. Lo statuto del club, “Articles of Incorporation for the Green Bay Football Corporation” datato 1923, prevedeva che qualora la franchigia dei Packers fosse stata venduta, una volta pagate tutte le spese, il ricavato avrebbe dovuto esser destinato alla costruzione di un memoriale per i soldati. Oggi c’è un nuovo beneficiario ed è la Green Bay Packers Foundation, che dal 1986 ha distribuito in beneficienza oltre 12 milioni di dollari, un milione solo nell’anno appena trascorso. Sarà anche per questo che i Packer restano saldamente legati alle loro radici, alla piccola città che grazie alle loro imprese è soprannominata Titletown. Questo perché la terza più vecchia franchigia del Nfl è quella che ha vinto il maggior numero di campionati nel football americano, 13 titoli, compresi 4 Super Bowl, l’ultimo nel 2011, sotto la guida del quarterback Aaron Rodgers, al Cowboys Stadium di Arlington, in Texas, contro i Pittsburgh Steelers. Sono, poi, l’unica squadra professionistica di football a poter vantare tre titoli consecutivi, e per ben due volte, dal 1929al 1931e dal 1965al 1967.
I risultati li fanno gli uomini e nella leggenda dei Packers c’è anche Vincent Lombardi, l’allenatore dei favolosi anni Sessanta, quando portò la squadra ultima in classifica alla vittoria di cinque campionati nell’arco di sette anni, stringendo tra le mani anche due trofei di Super Bowl, che oggi portano il suo nome. E per cui ieri notte, gli “impacchettatori” hanno combattuto contro i San Francisco 49ers nella speranza di poterlo fare ancora nella finale di Maimi e riportarlo a casa.