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 2020  gennaio 19 Domenica calendario

QQAN70 Intervista a Mary McCartney

Gli scatti della fotografa, regista e autrice londinese Mary McCartney, figlia dell’ex Beatles Paul, sono stati esposti presso le principali istituzioni e gallerie internazionali. Il suo lavoro è apparso su GQ, Vogue e Sunday Times ed è stata redattrice ospite del National Geographic Magazine. Scelta per scattare la fotografia ufficiale di sua Maestà la Regina Elisabetta II nel 2015, anno in cui divenne la monarca britannica più longeva della storia.
Come mai ha scelto di diventare fotografa? Merito di sua madre Linda ?
«Sono cresciuta in una famiglia molto artistica e visuale, e mia madre era fotografa. Suo padre Lee Eastman era un avvocato che rappresentava gli espressionisti astratti a New York. Era l’avvocato di De Kooning e frequentava quel mondo, quindi è cresciuta a contatto con l’arte. Mio padre Paul ovviamente ha senso artistico. Sono cresciuta così, andando a vedere mostre e avendo in casa bellissimi libri d’arte».
Quando ha iniziato?
«Intorno ai 20 anni ma me ne sono innamorata quando avevo 5 anni e mia madre mi portò nella sua piccola camera oscura a Soho e stampò lei stessa un’immagine. Prese il pezzettino di carta bianca, lo mise nel vassoio, lo scosse, lo girò da un lato all’altro, e vidi magicamente apparire questa immagine in bianco e nero. L’impatto di quella magia da quel momento mi è entrato nel cuore».
Anche se sua madre era americana, è cresciuta in Inghilterra?
«Sono nata e sono andata a scuola a Londra, ma quando avevo nove anni ci siamo trasferiti in campagna e da allora il nostro anno è stato diviso in due. D’estate andavamo in Scozia dove mio padre aveva comprato una piccola fattoria isolata. Eravamo noi sei e quattro cani, e cavalli e galline, e oche; e poi migliaia di acri di terra. Il contrasto tra una città frenetica e la Scozia, che era completamente rurale, ha influito sulla mia creatività». 
I suoi genitori come sono stati?
«Ora che anch’io sono un genitore, penso che si faccia del proprio meglio. Volevano che venissimo educati nel modo più normale possibile, quindi siamo andati nelle scuole locali e abbiamo avuto una normale routine. Nel mezzo viaggiavamo parecchio». 
Ora ha quattro figli. Come li alleva?
«Cerco di fare del mio meglio. Li mando nelle scuole che penso li metteranno alla prova e dove impareranno. Cerco di tenerli d’occhio e di stare con loro, passo dopo passo».
Com’è fare la fotografa in un mondo in cui tutti scattano foto in continuazione con il proprio telefono?
«Adoro che il telefono abbia democratizzato la fotografia, il fatto che chiunque possa vedere qualcosa e fotografarla, quindi usarla, rifletterci, ma è molto diverso da quello che faccio». 
Non è tipo da Instagram?
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«Se sto camminando e vedo qualcuno davvero interessante, faccio una foto con il telefono e la metto su Instagram. Ma una volta mi piaceva di più».
Perché?
«Perché trovo più difficile trovare cose che voglio davvero vedere, quindi lo uso più per la comunicazione che per l’ispirazione».
Che temi affrontava la mostra Mother Daughter?
«Originariamente è nata alla Gagosian a New York, perché Larry Gagosian aveva visto il mio libro "Monochrome & Colour", una raccolta di fotografie che ho scattato da quando ho iniziato a oggi. Larry aveva visto quel libro e poi aveva visto quello di mia madre "Life in Photographs", che è una raccolta dal suo intero archivio. Ha avuto l’idea di esporle insieme in una mostra, e mi è stato chiesto di curarla. Ci ho lavorato con mio padre perché lui ha l’archivio di mia madre. Essenzialmente racconta di come abbiamo avuto un approccio molto simile e un occhio simile».
I suoi genitori si amavano molto?
«Si sedevano la sera e si parlavano in modo creativo. Lui sapeva molto della sua fotografia e del suo lavoro, e in un certo senso si sono incontrati grazie alla sua fotografia, perché la sua fotografia è ciò che l’ha portata a Londra, dove si sono conosciuti».
Sono stati molto importanti per la sua carriera?
«Sì».
Non è stato difficile farsi conoscere con genitori così noti?
«È qualcosa a cui mi sono abituata. Inizialmente, volevo mantenere tutto separato e non avrei mostrato al pubblico molte foto di famiglia, anche se ne ho scattate tantissime Ora vedo molto più legate la mia carriera e la mia vita personale»
Come mai ha realizzato un progetto sul balletto?
«Io ho vissto i miei genitori sul palco. Quando vedi uno spettacolo dici: è fantastico! Non pensi a quanto ci sia voluto. Sono andata al Royal Ballet per fotografare i ballerini e mostrare la loro grinta e la loro dedizione assoluta. Ho chiesto di entrare nelle loro camere da letto e nei loro bagni e persino di fotografarli nella vasca. I ballerini hanno accettato, e ho ottenuto un pass per accedere a tutte le aree dell’Opera in qualsiasi momento».
Sua sorella minore Stella è diventata stilista. Lei si occupa di moda?
«Non sono una fotografa di moda. Faccio più , ritratti, studio, vita quotidiana. Ma adoro la moda quando lo faccio perché in questo modo puoi raccontare una storia. Adoro lavorare con il team, i capelli, il trucco, gli stilisti, gli assistenti. Ho fatto alcune campagne con Stella per la sua collezione».
Lavorate bene insieme?
«Si. Siamo molto vicine, ci separano solo due anni. Mi piace che ci sfidiamo a fare meglio in modo positivo, e c’è un’onestà tra noi che di solito aiuta il progetto».
La morte di sua madre a 56 anni è stata un grande dramma nella sua vita?
«Per tutti noi perché era il centro della famiglia».
Sua madre era americana. Qual è il suo rapporto con l’America?
«Ho sempre pensato a me stessa come metà inglese e metà americana. Andavamo molto spesso a New York a trovare mio nonno e in estate andavamo a Long Island per vedere cugini, zii e zie. Mi piacciono le grandi riunioni di famiglia».
Lei è una cara amica di Cherie e Tony Blair e ha anche lavorato molto con la beneficenza?
«Conoscevo Fiona Miller, che era l’assistente personale di Cherie Blair, e fu lei ad invitarmi a Downing Street per fare le prime foto quando nacque il figlio più giovane dei Blair, Leo. Era il primo Primo Ministro in carica ad avere un figlio negli ultimi 150 anni. Volevano che le foto fossero rese pubbliche perché non volevano essere inseguiti dai paparazzi. Tutto il ricavato è andato in beneficenza».
Segue da tempo la filosofia vegetariana e ha persino scritto due libri, "Food: Vegetarian Home Cooking" e "At My Table". Perché è vegetariana?
«Lavoro a Meat Free Monday perché siamo cresciuti come una famiglia vegetariana. Tutti noi lo siamo, e così i nostri figli. Quando ero piccola mia mamma e mio papà stavano mangiando agnello quando video fuori dalla finestra degli agnelli così carini. E poi guardarono il piatto e ne stavano mangiando uno. Questo li ha convinti. . Il mio ultimo progetto creativo, che unisce il mio mondo dell’arte e il mio mondo del cibo, si chiama Feeding Creativity. È un progetto in cui preparo un pasto e lo porto nello studio di un artista e lo mangiamo insieme e lo fotografo con il cibo e scrivo la ricetta e alcuni aneddoti. Spero di trasformarlo in un libro e una mostra, forse nel 2021».
Quali artisti ha coinvolto?
«Finora Ed Ruscha, Cindy Sherman, George Condo, Sir Peter Blake, David Hockney e Rose Wylie».
Quando era bambina i Beatles erano ancora insieme?
«Si stavano sciogliendo. Sono nata nel 1969».
Ha ricordi di John Lennon?
«Sì, ma non del periodo dei Beatles, più a New York, quando ci vedevamo». —