La Stampa, 19 gennaio 2020
A che punto siamo con la parità uomo-donna nel lavoro?
Arrivano Greta, Angela, Christine, Sanna, Ursula e Kristalina, stelle vecchie e nuove del potere globale al femminile. La loro parata al Forum di Davos testimonia che il mondo è parecchio più equilibrato di una volta, però il solo fatto che il loro numero sia una notizia indica che non ci siamo ancora. Il World Economic Forum, che ha impiegato mezzo secolo a professarsi "verde" e ora si presenta "rosa" come mai, denuncia ostacoli ancora molteplici e rivela che dovremo attendere il 2128 perché uomini e donne abbiano pari diritti e opportunità, almeno, e sempre che succeda. Confermando che l’inversione dell’ordine dei fattori per legge non cambia il prodotto.
Per giungere all’"una vale uno" manca il 32 cento del lavoro, stima Il Gender Report del WeF. Vuol dire che lentamente miglioriamo. Ma se si scende nei vicoli della vita quotidiana si scoprono cose che i più fra noi umani vorrebbero non aver mai visto. La British Heart Foundation, istituzione no-profit che si preoccupa di come sono trattate le nostre vicende cardiovascolari, stima ad esempio che le donne hanno più possibilità di finire male dopo un infarto perché i problemi di cuore sono considerati una patologia maschile: il risultato è che una signora o signorina ha il 50 per cento in più di possibilità di essere oggetto di una diagnosi sbagliata.
E’ anche per questo che devono essere davvero toste, visto che sono più longeve degli uomini. La britannica Criado Perez, autrice di "Invisible Women", annota che dalla sua parte si è il 71 per cento meno sicure alla guida perché le auto sono state testate con manichini con morfologia maschile. Non bastasse, nella lista degli orrori discriminatori, la giornalista di origine brasiliana include un farmaco contro le disfunzioni sessuali femminili sperimentato su 23 uomini e 2 donne: l’esito è che è risulta del tutto inefficace.
Sono pessime attitudini, cattive abitudini e dimenticanze frutto di consuetudini ataviche: come gli alloggi prefabbricati per le emergenze ambientali che un genio ha progettato senza cucina perché nessuno nel suo studio ci aveva pensato. Uomini, si dirà. Riflessi duri da spazzar via. Una prova? Ogni due secondi, sul pianeta Terra si sposa una donna che non ha raggiunto i 18 anni. E’ un popolo di 12 milioni di ragazze che ogni anno perdono possibilità di determinazione e affermazione personale. Così le donne dell’Africa subsahariana che consumano 3,5 miliardi di ore al mese nel trasporto di acqua.
Il mondo ritenuto sviluppato ostenta numeri certamente confortanti eppure non è il caso di far festa. Nemmeno il Grande Nord vanta la bilancia in equilibrio: la più virtuosa Islanda è all’87 per cento della strada per l’eguaglianza, stima il Global Gender Report del Forum di Davos. Tre quarti dei parlamenti democraticamente eletti nel globo terracqueo sono occupati dall’ex "sesso forte" che anche siede sul 78,8 per cento delle poltrone ministeriali. La partecipazione alle cose economiche e finanziarie è indietro: il cammino della parità non è nemmeno al 60 per cento e, di questo passo, centrare l’uguaglianza richiederà 258 anni.
C’è ogni ragione per cercare di essere ottimisti, e almeno due che contagiano con un pessimismo a cui si deve resistere. La prima riguarda gli italiani, soci del G7 ancora in forte ritardo. Il Bel Paese è al 78esimo posto nella classifica globale della parità (su 153) e ha perso sei posizioni dal 2018: da noi la parità è compiuta al 70%, mentre la partecipazione economica ci fa cadere allo scranno numero 117. Altro da dire?
La seconda difficoltà è tecnologica. Il disequilibrio appare pericoloso nelle materie del futuro, ci sono 12 donne per 88 uomini nello sviluppo del Cloud Computing e 25 su cento nei laboratori dove si elaborano dati e germoglia l’intelligenza artificiale. La progettazione del nuovo mondo è ancora a trazione maschile. Manca qualcosa. Manca metà del mondo.
Angela Merkel con Greta Thunberg fra gli onori di Davos, con Christine Lagarde, Ursula Von der Leyen, Kristalina Georgieva e Sanna Marin sono dinamiche eccezioni che stimolano a non abbassare la guardia anche se confermano regole antiche. Vuol dire che sul ponte di comando ci si è rifatti il look. Tuttavia, nulla toglie che, per usare un’immagine della saggezza dei campi, la vigna sia bella e l’uva ancora poca.