Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  gennaio 19 Domenica calendario

Le ultime parole dei personaggi notevoli

CLAMOROSIX

Walt Whitman per anni cercò quelle parole. Ma in quell’istante se le lasciò sfuggire. La bocca non le pronunciò, forse il cervello sragionò. Forse, in quel momento esatto, perse il controllo. E lui che con le parole ci lavorò una vita e alle parole deve la sua fortuna, finì per dire solo “Shit!”. Sospirò e poi più nulla. Morì. Avrebbe voluto imbastire una frase esemplare, il giusto coronamento per la sua esistenza. Ma la scena del morente che, anziché pensare al terreno che si sta facendo più leggero sotto i piedi, dispensa pillole di saggezza, moniti e gloriose sentenze, ha poco a che fare con la realtà. Di solito si muore in silenzio, con una smorfia, con un respiro di addio al mondo. Per non farsi trovare impreparati come accadde a Whitman, Francesco Aragona, medico e chirurgo, ha pubblicato una raccolta di frasi, un’antologia, uno strumentario che può venire in soccorso a chi vuole uscire di scena senza imbarazzo o senza balbettare in modo sconnesso. Frasario delle morti celebri (e meno celebri) è il titolo di questo volume di circa 270 pagine (Prosepro editore, euro 15) e qualche centinaio di frasi pronunciate in punto di morte che la tradizione ha affibbiato a personaggi noti. Chiariamo: l’attendibilità va commisurata. Il pericolo in questo senso è che talvolta le “ultime parole” siano il frutto di invenzione di parenti interessanti a non far sfigurare il defunto proprio alla fine. Ma fatto sta che qualcuno ce la fece a risultare brillante sul finire della vita e, come Aragona sottolinea, a rappresentare al meglio la propria esistenza con motti di spirito. 

NON SI SMENTIRONO
Oscar Wilde ad esempio. Ridotto in miseria, mentre agonizzava sentì un amico che discuteva con il medico su chi avrebbe pagato le spese del funerale. «Sto morendo come ho vissuto: al di sopra dei miei mezzi!», urlò e poi fissò l’orribile tappezzeria della camera dell’albergo parigino che lo ospitava. Un luogo troppo modesto per lui. «Quella carta da parati», aggiunse alla fine, «e io, stiamo combattendo un duello a morte. Uno di noi due deve andare via». Perse lui, quella volta. Charlie Chaplin riuscì ad essere divertente: «Dottore, sono sorpreso di sentirvi dire che tossisco molto male, perché mi sono esercitato tutta la notte». Mentre Winston Churchill diede prova della sua tempra, del suo carattere ruvido e spigoloso. «Sono pronto a incontrare il mio Creatore. Quanto a sapere se Lui è pronto alla prova di vedermi, questa è un’altra storia», disse. Nostradamus, considerato uno dei più grandi profeti di ogni tempo che per alcuni avrebbe predetto la Rivoluzione francese, l’ascesa di Hitler e la bomba atomica, predisse la sua morte. Il 2 luglio 1566 fece sapere di voler trascorrere la notte nel suo studio e quando il suo segretario si congedò con un «A domani, signore», Nostradamus rispose: «Domani non mi troverete vivo». La mattina successiva amici e familiari trovarono il corpo di Nostradamus che giaceva al suolo fra il letto e una panca. Di George Orwell si conserva la nota finale sul suo blocco degli appunti: «A cinquant’anni ognuno ha la faccia che si merita». Per i comici è più facile trovare una battuta di classe, tirando un calcio pure alla morte prendendola in giro. Peppino De Filippo che morì a 77 anni per le conseguenze di una cirrosi epatica, due ore prima della fine, si svegliò per l’ultima volta dal torpore in cui era caduto. Alzò il capo e vide suo figlio Luigi: «Hai provato anche oggi? Beato te». Ma ironico riuscì ad essere anche Massimo D’Azeglio, politico e scrittore. Aveva sposato in seconde nozze Luisa Blondel, ma i due non convissero a lungo. Avvertita che il marito era in punto di morte, la Blondel tornò a casa. Quando la vide, D’Azeglio esclamò:«Buongiorno, Luisa! Come vedi, è sempre la stessa storia: appena arrivi, io parto!». 

LA CITAZIONE
Ad Emily Dickinson riuscì una citazione del suo repertorio. Prima di entrare nel coma da cui non si risvegliò più, disse: «La nebbia si sta alzando». Un’allusione a una poesia che aveva scritto 25 anni prima. Anna Bolena che si racconta avesse la lingua lunga, dimostrò la sua prontezza di spirito pure in punto di morte. Come è risaputo, alla seconda moglie di Enrico VIII fu tagliata la testa accusata di stregoneria. Anziché pregare il marito di risparmiarle la vita, nell’ultima lettera che gli rivolse scrisse: «Sire, voi avete avuto sempre cura di elevarmi di grado: da semplice damigella mi avete fatto marchesa e poi regina. Adesso mi elevate al grado di martire. Vi ringrazio». Mentre al boia, prima di morire, sorrise: «Non le darò alcun problema! Ho il collo sottile». Albert Eistein morì da uomo di scienza e con un ragionamento lucido e preciso disse: «Voglio andarmene quando voglio. È insipido prolungare artificialmente. Ho fatto la mia parte, è il momento di lasciare. Lo farò con stile». Al contrario, Isaac Newton si lasciò andare a un testamento spirituale: «Non so cosa io possa sembrare al mondo. Ma per quanto mi riguarda, mi sembra di essere stato solo un ragazzo che gioca in riva al mare e che si diverte a trovare una conchiglia più liscia o più graziosa delle altre, mentre il grande oceano di verità si estende davanti a me tutto ancora da scoprire». Dino Buzzati non dimenticò il suo stile delicato: «Bene, passin passetto, mi avvio…». Theodore Dreiser, scrittore americano, si rivolse al suo più grande mito: «Shakespeare arrivo». Al drammaturgo francese Francis de Croisset riuscì, forse, la frase più spontanea:«Oh già mi annoio…».