Il Sole 24 Ore, 19 gennaio 2020
I rimedi delle compagnie contro la vergogna di volare
A Uppsala si trova la più antica università della Scandinavia, la cattedrale con le torri più alte di tutta l’area e l’istituto Isof, che si occupa di registrare le nuove parole che ogni anno entrano a far parte del dizionario svedese. Una delle più recenti è flygskam, letteramente «vergogna di volare», creatura collaterale del movimento dei Fridays for Future di una svedese molto giovane quanto già molto illustre, Greta Thunberg. Che infatti per raggiungere gli Stati Uniti ha solcato l’Atlantico a bordo di un catamarano.
La vergogna di volare è un sentimento che attanaglia chi usa l’aereo, poiché consapevole delle tonnellate di emissioni di gas serra che ogni decollo e viaggio comporta. Vergogna che tiene a terra sempre più persone. È stata proprio la compagnia di servizi Swedavia, che gestisce 10 aeroporti in Svezia, a denunciare per prima il fenomeno, confermato dai dati più recenti: nel 2019 gli scali svedesi hanno registrato un calo di traffico passeggeri del 4%, a fronte di un aumento, calcolato dal gestore pubblico delle ferrovie, del 32% di quelli a bordo dei treni dell’alta velocità.
Non che le preoccupazioni dei viaggiatori d’aria siano infondate: i dati dell’Icao, l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile che fa capo all’Onu, parlano di 860 milioni di tonnellate cubiche di CO2 immesse nell’atmosfera ogni anno dal settore, il 2% delle emissioni globali di gas serra. Cifre che aumenteranno ancora nei prossimi anni, quando interi continenti, come l’Asia e l’Africa, svilupperanno ulteriormente la loro rete di connessioni aeroportuali. Insomma, entro il 2050, rispetto al 2005, le emissioni aumenteranno del 300-500%. Anche se gli aeroporti continueranno a essere affollati, le compagnie aeree sono il flygskam preoccupa le compagnie aeree: un report Hsbc ha rivelato che persino nelle conferennce call sui bilanci, le frasi legate alla sostenibilità pronunciate dai dirigenti sono aumentate esponenzialmente negli ultimi due anni. Se poi persino Klm, in un video che celebra i suoi primi 100 anni, chiede «non potreste invece prendere il treno?», non si può più parlare di timori di nicchia. Per questo la sfida per le politiche e gli investimenti più sostenibili sta appassionando l’industria e attraendo quote crescenti del loro fatturato.
Se solo a metà di questo secolo i carburanti alternativi al petrolio potranno essere impiegati diffusamente, già nel 2027 dovrebbe solcare i cieli il primo aereo elettrico, costruito da Wright Electrics (Larry Page, fondatore di Google, ne è fra i finanziatori) per EasyJet. Potrà volare solo per 300 km, ma in modo pulito e persino silenzioso. Solo fra 2030 e 2050, invece, Boeing metterà a punto il suo, capace però di coprire 6.500 km, la distanza fra Milano e New York. E mentre si stanno studiando nuovi materiali per alleggerire gli aerei e dunque limitare i loro consumi, anche tutto ciò che è attorno e dentro gli aeromobili è oggetto di una rivoluzione tecnologica green.
Prendiamo gli aeroporti, per esempio Daxing, il nuovo mega hub di Pechino che a regime ospiterà 100 milioni di passeggeri ogni anno, inaugurato lo scorso settembre: il suo tetto è coperto di pannelli fotovoltaici capaci di produrre 10 megawatt di energia, produce calore anche con un termovalorizzatore interno di rifiuti e il suo sistema di raccolta e purificazione di acqua piovana ne può lavorare fino a 2,8 milioni di metri cubi. A novembre, invece, è stato presentato il nuovo hub del Red Sea Project, una nuova destinazione di lusso in Arabia Saudita, progettato da Forster + Partners, dove si punta a usare il 100% di energie rinnovabili e a essere al 100% plastic free. Intanto, dal 1 gennaio tutti i voli della compagnia portoghese Hi Fly non hanno a bordo oggetti di plastica monouso, come farà Ryan Air ma dal 2023. Forse qualcuno si troverà presto servito il vassoio interamente biodegradabile e in parte edibile progettato dallo studio PriestmanGoode, specializzato in travel design, dove la plastica è stata sostituita con materiali derivati da chicchi di caffè, legno, foglie di banana e alghe. Il vassoio è invece ancora quello tradizionale nella First Class di Cathay Pacific, che però vi serve la carne “vegana” di Omnipork e Beyond Meat. Lussuoso, d’accordo, ma perfettamente esprimibile da un’altra parola svedese, lagom, che indica qualcosa di divertente e appagante nella giusta misura. Senza nuocere agli altri né al Pianeta. E senza vergogna.