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 2020  gennaio 19 Domenica calendario

Incontro con l’uomo del petrolio libico

Quando inizia a parlare di petrolio, oleodotti, terminali di carico, Mustafa Sanalla, il capo della Noc, la Compagnia petrolifera libica, prima parla veloce e a scatti. Poi entra quasi in trance: racconta per lunghi minuti con gli occhi socchiusi e spiega i suoi progetti di gloria per il gas e il petrolio in Libia.
Questo capace ingegnere chimico dal 2014 guida con successo la National Oil Corporation. Deve essere stato un trauma per lui incassare la decisione degli uomini di Haftar di chiuder i terminali di carico nella “Mezzaluna petrolifera”. Da 1,3 milioni di barili al giorno si potrebbe scendere rapidamente a poco più di 500mila (il resto arriva dall’Ovest del Paese e dal gas). Se il blocco diventasse effettivo, sarebbero quindi 50 milioni gli euro al giorno in meno per la Libia.
Quasi certamente non sarà così: Haftar terrà i pozzi chiusi per il tempo necessario a negoziare a Berlino. Vuole avere una pistola carica da mettere sul tavolo, se le cose gli andranno bene li farà riaprire presto.
In realtà, raccontano fonti libiche, l’ingegner Sanalla sarebbe stato avvertito già due giorni prima della chiusura. Avrebbe telefonato ad alcuni ministri nel governo di Al Serraj, e di sicuro anche alle Nazioni Unite, per avvertire che gli uomini di Haftar si preparavano al blocco. E non a caso ieri mattina l’Onu aveva diffuso un comunicato allarmato, «il blocco dei proventi del petrolio avrebbe conseguenze devastanti per la Libia».
La modalità bizantina con cui Haftar ha fatto attuare il blocco però è politica, non militare. I media dell’Est hanno diffuso la versione secondo cui sarebbero state le tribù a insorgere contro Tripoli. Come se fosse stato “il popolo” a insorgere contro Tripoli. Per esempio, Al Haliq Al Zawi, leader di una tribù in Cirenaica, ha parlato all’agenzia di stampa di Haftar dicendo che avrebbero fermato i porti «per bloccare le fonti di finanziamento del terrorismo, e per chiedere il ritorno della sede della compagnia petrolifera nazionale a Bengasi».
Ieri il portavoce di Haftar, il generale Mismari, ha quasi simulato sorpresa: «La chiusura dei giacimenti e dei terminal petroliferi è una decisione puramente popolare. Sono stati i cittadini a decidere. Noi militari non interverremo se non per proteggere le persone nel caso in cui si trovassero ad affrontare un pericolo».
Haftar però deve stare attento. Il petrolio è l’unica cosa a cui tengono gli americani in Libia. Gli Usa difendono la regolarità della produzione e della distribuzione del greggio per tenere sotto controllo i prezzi a livello mondiale. Difendono il fatto che la Noc sia l’unica a gestirlo. Il 13 marzo del 2014, quando la nave nord-coreana Morning Glory provò a trasferire un carico di petrolio di contrabbando alle spalle della Noc, un gruppo di Seal assaltò la petroliera e la riportò a Tripoli.
Torniamo a Sanalla: alcuni mesi fa, nel suo ufficio, l’ingegnere su una grande mappa disegnava veloce percorsi e progetti per portare nuovo petrolio dai deserti della Libia verso i porti sul Mediterraneo. «C’è la guerra civile, ma tutti in Libia sanno che senza petrolio il paese si ferma, si fermano tutti, anche quelli che combattono proprio per il petrolio: e allora tutti rispettano la Noc». È vero, la Noc è stata rispettata perché pagava tutti in Libia, a Est e Ovest. Negli anni dopo la rivoluzione molte milizie e tribù hanno bloccato molte volte campi e pozzi petroliferi. Ma poi, in un modo o nell’altro, Sanalla faceva riaprire i campi e i blocchi venivano sempre tolti.
La Noc in questi anni è tornata a produrre 1,3 milioni di barili di petrolio al giorno, come sotto Gheddafi, vale a dire circa 26 miliardi di dollari l’anno. L’85% del Pil della Libia viene dal petrolio, quindi dalla Noc. «Senza petrolio saremmo un paese del Terzo mondo, con il petrolio siamo lo stesso un paese del Terzo mondo, ma molto ricco e in guerra proprio perché qualcuno vuole conquistare il petrolio», dice ridendo alla sua stessa battuta un tecnico petrolifero che ha studiato in Italia.
In questi anni di guerra civile, le risoluzioni Onu e soprattutto gli avvertimenti degli americani hanno mantenuto in piedi la Noc, unico ente a gestire il petrolio. Andava bene a tutti i libici, anche ad Haftar: i soldi vanno tutti alla Banca Centrale di Tripoli, che poi li distribuisce a Ovest e anche a Est, l’area governata dal generale. Si litiga, si fa la guerra, ma i soldi arrivano. Anche adesso Noc e Banca centrale pagano tutti. «La pensione da ex militare di Haftar viene pagata da Tripoli con i soldi della Noc», dicono in città. Vedremo presto se Sanalla potrà riprendere a pompar petrolio in tutta serenità. Lo decide Khalifa Haftar.