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 2020  gennaio 18 Sabato calendario

L’orso M49 è ancora libero

L’avevate dimenticato, confessate. Invece l’orso M49 vive e impera nei boschi italiani, anche se non sappiamo esattamente dove, e il bello è proprio questo: è da metà luglio che questa bestia fotte tutti e non si fa catturare, questo nonostante gli sforzi della Regione Trentino che pure vanta i migliori esperti in materia. L’ultima novità è che l’orso, genericamente individuato nell’alta valle del Vanoi, in ottobre è entrato per ben sei volte in una «trappola tubo» senza che il meccanismo che doveva intrappolarlo scattasse neanche una volta, e non è chiaro perché: fioccano polemiche, e c’è chi sospetta che non lo stiano catturando appositamente al fine di fare un «colpo elettorale» (?) in primavera. Stiamo parlando dell’orso che già nell’estate scorsa era scappato da una gabbia inespugnabile con modalità fuga da Alcatraz, a Porta di Rendena, nell’area faunistica di Casteller: aveva superato un recinto con pareti di quattro metri e con sette fili elettrificati da 7000 volt (in 12 anni nessun animale ci era riuscito) e il governatore del Trentino Maurizio Fugatti (Lega) aveva detto una cosa molto logica e tuttavia scambiata per crudeltà, cioè che i forestali erano autorizzati ad abbatterlo se si fosse avvicinato a zone abitate. Cosa logica, dicevamo, perché è la prassi: la specifica pericolosità di M49 corrispondeva già alla ragione per cui era stato rinchiuso, e se l’animale si fosse avvicinato fisicamente troppo a dei civili (per ammazzare gli basta una zampata), non ci sarebbe stato tempo per cercare alternative. L’incredibile fuga del plantigrado fu presa come un ulteriore indizio della sua pericolosità. 

RARA DEMAGOGIA 
Ne era nata una polemica tipicamente estiva di rara demagogia, col ministro dell’ambiente di nomina grillina, Sergio Costa, che contestò l’ordinanza di cattura e cominciò a parlare come se in Trentino si divertissero a sparare agli orsi dopo averli introdotti: Costa – un Forestale che non ha mai operato sopra la Campania – mostrò di non avere ben chiaro che cosa fosse propriamente un orso, e prese le sue difese come se si volesse attentare alla vita dell’orso Baloo: «La tutela dell’animale ha la priorità», disse, come se la vita umana venisse al secondo posto. Si fece anche fotografare con la maglietta «Io sto con Papillon», come soprannominarono il fuggitivo. Si parla, comunque, di un orso che non ha un radiocollare e che da oltre tre anni è responsabile di danneggiamenti e uccisioni (di animali) e di tre tentativi di intrusione in imprese e spazi privati, dopodiché nel febbraio 2019 decisero di catturarlo e, anche lì, ci furono prevedibili contrasti con la protezione animali (Enpa) che aveva addirittura lanciato l’hashtag #salvinisalvalorso. Poi la fuga rocambolesca e lui (esso) che non si fa beccare mai. Poi, martedì, l’ex assessore Michele Dallapiccola – veterinario, autonomista trentino – ha rivelato che l’orso è entrato almeno sei volte in una trappola tubo, poi salutando: un insuccesso di cui non è nota la spiegazione, ritenuto «un danno di immagine per il Trentino che ha sempre goduto di un’ottima reputazione in termini di efficienza del Servizio foreste». Poi l’assessora Giulia Zanotelli ha confermato: sì, è vero, in ottobre l’orso è entrato sei volte nella trappola ma per altrettante volte il meccanismo di chiusura della porta non è scattato. 

SPOSTAMENTI
Da ciò si è inteso che la caccia a M49 prosegue (da mesi) e se ne conoscono gli spostamenti e le abitudini: ma Papillon, in pratica, dopo la prima fuga si è messo a fare avanti e indietro dentro le trappole senza farle scattare. Dice Dallapiccola, che dovrebbe capirne: «Può capitare che il meccanismo non scatti, ma che non lo faccia tutte le volte è fuori statistica: non è un mancato funzionamento, sembra mancare la volontà e l’impegno di catturarlo». In effetti, da quanto inteso, parrebbe strano. Per catturarlo una prima volta, a luglio, impiegarono solo un paio di settimane e usarono tre trappole tubo. Ora, invece, dalla fuga sono passati sette mesi e non solo non l’hanno beccato, ma un numero doppio di trappole-tubo non è bastato. E si tratta di congegni che in genere si applicano quando i movimenti dell’orso sono stati compresi con precisione. Insomma, abbiamo un orso latitante che si sa dov’è, ma che si finge di non poter catturare. Più che Papillon, potevano chiamarlo Craxi.