ItaliaOggi, 18 gennaio 2020
Periscopio
Antidetto di Peppo Pontiggia: «A mali estremi piccoli rimedi». Dino Basili. Uffa news.
Non ho mai avuto una volta la tentazione di astenermi. Mai. A me votare piace molto. Mi sembra una cosa bellissima da fare. Altan (Simonetta Fiori). la Repubblica.
L’Italia è guidata da un governo di criptochecche con fidanzati di copertura, gente a cui piace prenderlo in quel posto e vuole costringere gli italiani a fare la stessa cosa. Vittorio Sgarbi, candidato Fi alle regionali dell’Emilia-Romagna (Luca Fazzo). Il Giornale.
Spesso sono gli stranieri a spiegarci che il nostro è un Paese stupendo. Noi fatichiamo ad accorgercene. Roma non sarebbe ridotta in questo modo. E anche la mia Sardegna. Sa una cosa? Siamo in mano ai pasticcioni, ai profittatori, agli odiatori di professione. Gavino Sanna, pubblicitario (Paolo Baldini). Corsera.
Mi ritiro subito di fronte all’arroganza dei taxisti di Ciampino (Roma) perché neanche ero munito del tirapugni indispensabile per discutere con un tassista romano. Il mese scorso, allo scalo di Fiumicino, per una questione di tariffa, un cliente si è trovato col setto nasale spaccato da un autista che poi se l’è svignata con un altro passeggero. Neppure la licenza gli è stata sospesa, poiché a Roma siamo alla mercé di costoro. Come rimpiango i tassinari di quando ero bambino, con i taxi verdi e il grembiule color cammello, ai quali i genitori mi affidavano per portarmi dai nonni all’altro capo della città. Oggi, col piffero. Giancarlo Perna. LaVerità.
A lungo la rivalità tra Bocca e Pansa fu simile a quella tra Mike Bongiorno e Pippo Baudo, che si mettevano d’accordo per parlare male l’uno dell’altro e sostenere tesi diverse. Se si preferisce una metafora sportiva, erano Mazzola e Rivera (tra cui però c’è un solo anno di differenza, mentre tra i due grandi giornalisti ce n’erano 15). Quando ad esempio spuntò la Lega, Bocca ne parlò bene e Pansa male. Un terreno di scontro più serio fu il tentativo di conquista del gruppo Espresso da parte di Berlusconi, che, all’epoca, era amico di Bocca, mentre Pansa stava con De Benedetti. Ma la rivalità divenne inimicizia irreparabile quando nel 2003 Pansa pubblicò Il sangue dei vinti, che il partigiano Bocca non poteva accettare. Aldo Cazzullo. Corsera.
Il problema del bravissimo Giampaolo Pansa era che la politica, lui, la osservava con il cannocchiale. Prendeva proprio in mano il binocolo, se lo metteva davanti agli occhi e descriveva al microscopio i congressi di partito, ad esempio. Ne uscivano racconti insieme epici ed esilaranti. Ma non capiva nulla di politica. Perché non usava il cervello ma solo l’istinto. Questa sua attitudine lo portò a parlare malissimo della Dc, bene del Pci, a distruggere Craxi solo perché la sua canottiera intrisa di sudore si rendeva visibile sotto la camicia nel «padiglione egizio» del congresso di Bari. Esaltò Scalfaro contro Cossiga. Attaccò Berlusconi sistematicamente. Negli ultimi tempi, se la prese con la sinistra, soprattutto con il «parolaio» Bertinotti: il suo nemico acerrimo fino all’ultimo momento è stato Matteo Salvini, da lui dipinto come una sorta di nuovo Hitler. Ma tutto questo non possiamo che guardarlo con rimpianto. Perché anche i suoi errori di valutazione politica, le sue esagerazioni nell’uso dei paragoni bestiali che fissava spesso con cattiveria per i suoi avversari politici, erano intrisi di una passione ormai introvabile. Renato Farina. Libero.
Se incontrassi mio padre lo prenderei, lo porterei nel bar qui davanti a prendere un caffè e lo guarderei mentre mette cento lire sul bancone aspettando ancora il resto. Poi lo abbraccerei e comincerei a dirgli qualcosa dei tempi di oggi. Paolo Conte, cantautore (Dario Olivero). la Repubblica.
A un certo punto sono diventato direttore dell’Unità. Mi chiamò Matteo Renzi. Disse: «Sergio con la tua esperienza e la tua immagine sei la persona giusta. Ricordati, inoltre, che Bobo è un brand. Non voglio un giornale sdraiato su di me, sentiti libero di far scrivere quello che vuoi. Ti affido un progetto e i soldi per rilanciare il giornale». Gli ho creduto. Poi mi sono accorto che non c’erano né soldi né libertà. Gli telefonavo, niente; gli scrivevo, niente. Nessuna risposta. Visto il suo atteggiamento dissi che era un cafone. A quel punto mi chiamò: tu puoi dire quello che vuoi di me, ma non puoi darmi del cafone perché offendi mia madre. Che c’entra tua madre? Gli chiesi. C’entra perché è lei che mi ha dato l’educazione. Quando è finita, tutti i miei amici mi hanno rotto i coglioni con «te lo avevamo detto». Sergio Staino, disegnatore satirico, creatore di Bobo (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Francesca Pascale – La fidanzata di Silvio Berlusconi, procacciatrice seriale di barboncini, nota per il suo attivismo a favore di gay, lesbiche e trans, appare in procinto d’essere ripudiata: i figli del Cav si sono coalizzati per estrometterla dalla vita del loro padre. Che intanto l’ha esclusa dalla festa di compleanno. Come è duro calle lo scendere e ’l salir per l’altrui Pascale. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
Ciò che mi colpisce nella descrizione del milieu Einaudi dove la Ginzburg si forma, dove si svolge questo libro autobiografico di 450 pagine (La Corsara) è nell’essere tutti comunisti, tutti ebrei, che tutti i loro amici lo siano, come se a Torino, a Roma, in Italia, gli scrittori che non appartenevano a questa cerchia non esistessero. Uscirò da questa biografia amando un po’ meno Natalia Ginzburg di quanto non la amassi prima di leggerla. Gabriele Matzneff (Stenio Solinas). Il Giornale.
Al quotidiano l’Aurora, ogni giorno, al casino succede il miracolo: la parole si trasformano in caratteri di stampa, le notizie, i titoli e gli articoli del giornale confluiscono nelle pagine che impressionano le lastre da applicare ai cilindri. Al segnale di un campanello, la rotativa incomincia a girare e le copie escono veloci già ripiegate e pronte a partire verso migliaia di edicole. Guglielmo Zucconi, Il cherubino. Camunia, 1991.
Si cala fin sotto gli occhi un casco lucido da motociclista, si fa portare un dubbio amletico e un lapsus freudiano, ci gioca un po’, ma poi li annusa, li butta via... e si adagia completamente disperato e disilluso in fondo a un cocchio pubblicitario tirato al trotto da una schiera di damine del Settecento, tutte néi, cicisbei, crinoline e bottoni elettorali della Famiglia Kennedy. Alberto Arbasino, Super-Eliogabalo. Einaudi, 1969.
Ho una gran voglia di non fare niente, ma me ne manca il tempo, Roberto Gervaso. Il Giornale.