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 2020  gennaio 18 Sabato calendario

Il sesso spiegato da Foucault

A trentacinque anni dalla scomparsa dell’autore esce, con lo splendido titolo Le confessioni della carne, il quarto e ultimo volume de La storia della sessualità di Michel Foucault. Si tratta di un testo che il filosofo rielaborò sino a pochi giorni prima della morte, il 25 giugno 1984, e che non considerò, dunque, ancora pronto per la stampa. Sembrano infatti mancare almeno un’introduzione e delle vere e proprie conclusioni che nei tomi precedenti si erano invece rivelate preziose. Il primo volume della storia della sessualità, La volontà di sapere, terminava ad esempio così: «un giorno gli uomini sorrideranno, forse, ricordando che gli uomini che noi siamo stati credevano che [ nel sesso] ci fosse una verità almeno altrettanto preziosa di quella che avevamo già chiesto alla terra, alle stelle e alle forme pure del pensiero. (…) E un giorno, forse, in un’altra economia dei corpi e dei piaceri, non si capirà più bene come le astuzie della sessualità, e del potere che ne sorregge il dispositivo, siano riuscite a sottometterci a quest’austera monarchia del sesso, al punto da destinarci al compito senza fine di forzare il suo segreto e di estorcere a quest’ombra le confessioni più vere. Ironia di questo dispositivo: ci fa credere che ne va della nostra “liberazione"».
Se i primi tre volumi analizzavano come questo dispositivo operasse nelle filosofie greco- romane, quest’ultimo si concentra sul ruolo che esso ricoprì nel cristianesimo per quanto emerge dalla produzione teologica dei padri della chiesa, da Clemente alessandrino ad Agostino ( dunque dal II al IV secolo). La prima osservazione è che «con il cristianesimo non si è passati da un codice tollerante verso gli atti sessuali a un codice severo, restrittivo e repressivo». Ma che lo scenario all’interno del quale opera, pur continuando a considerare «la carne un modo di esperienza, vale a dire un modo di conoscenza e di trasformazione di sé da parte di se stessi, in funzione di un certo rapporto tra soppressione del male e manifestazione della verità», muta considerevolmente con il variare del ruolo che assume la guida spirituale rispetto a quella filosofica nell’analisi e la cura «dei movimenti che agitano l’anima».
Se, nel primo caso, la guida filosofica cercava di promuovere nell’allievo l’autarchia – l’esercizio sovrano della volontà su se stessi e sui propri moti interiori – ed era finalizzata alla produzione di un magistero interiore, identificato con la propria razionalità, nel secondo caso l’uomo di fede era tenuto ad un dovere di confessione e obbedienza che mirava a promuovere una vera e propria abdicazione volontaria della sovranità su se stesso per rimettersi alla volontà di Dio, mediata dalla figura della guida spirituale.
In gioco c’è il diverso potere che la filosofia greco- romana riconosce alla ragione, alla sua capacità di guidare la volontà, rispetto al ruolo che le attribuirà il cristianesimo. Si pensi alla differenza tra Socrate e Paolo di Tarso: mentre il primo si dice convinto che chi conosca davvero il bene non possa che compierlo, l’altro confessa: «C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio» ( Lettera ai Romani, VII, 18-19).
Ed è proprio la carne, secondo San Paolo, ad offrirsi come luogo privilegiato per indagare le ragioni di questa lotta interiore con l’Altro che ci abita. Si fa strada così, per il cristiano, una questione del tutto estranea al pensiero greco: «Chi pensa nel mio pensiero? Sono forse ingannato? In quale modo? Qual è la natura, la sostanza, l’autore dei miei pensieri?». Se il rischio è che, sotto mentite spoglie, agisca in me l’Avversario, che mi allontana dalla comunione con Dio, il rimedio è che io mi rimetta in tutto e per tutto alla volontà di Dio, mortificando la mia. Anche Platone considerava la filosofia un lungo esercizio di morte ma al servizio della saggezza, non della salvezza; ecco uno degli insegnamenti di Foucault: il cambiamento di orizzonte opera come dispositivo di biopotere capace di mutare i nostri modi di essere, di concepirci e di stare al mondo, di essere cioè soggetti di o al potere.