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 2020  gennaio 18 Sabato calendario

Il club dei mille miliardi

Il record tanto atteso – quello dei mille miliardi di dollari di capitalizzazione – Alphabet, la casa-madre di Google, l’ha raggiunto giovedì sera in chiusura di Wall Street. Ieri un ulteriore rialzo del titolo dell’1% a 1.464 dollari per azione ha mantenuto la capitalizzazione sopra la soglia del trilione di dollari, rendendo Alphabet la quarta società a toccare quella soglia. Alphabet è stata creata nel 2015 per separare il motore di ricerca dagli altri business sviluppati dal gigante fondato nel 1998 da Larry Page e Sergey Brin, che vanno dalla robotica all’auto a guida autonoma. 
Le altre società del ristrettissimo club dei mille miliardi sono Apple – in testa con 1,4 trilioni di dollari – e Microsoft, con 1,3 trilioni. Amazon, che aveva superato i mille miliardi di capitalizzazione nei mesi scorsi, è tornata leggermente indietro e oggi oscilla attorno ai 940 miliardi di dollari. In ogni caso sono solo società tecnologiche e internet a vantare questo record negli Stati Uniti; solo la holding Berkshire Hathaway del finanziere Warren Buffett ha una capitalizzazione di 565 miliardi (anche grazie ad Apple, di cui possiede il 3,3%).
Complessivamente le cinque maggiori società tecnologiche americane – Apple, Amazon, Google, Microsoft e Facebook, che capitalizza 630 miliardi di dollari – valgono 5.200 miliardi di dollari e rappresentano il 17% dell’intero S&P500, il più rappresentativo indice dell’economia Usa. E nel comparto non è considerata Netflix, che da sola vale 148 miliardi di dollari e costituisce con le altre il gruppo delle cosiddette «Faang», i giganti della nuova tecnologia. Dall’altra parte del mondo, in Cina, i giganti Alibaba, Baidu e Tencent arrivano insieme ben oltre i mille miliardi. 
E l’Europa? Non pervenuta. Le classifiche servono anche a dare plasticamente l’idea della distanza tra le due aree dinamiche del mondo e il Vecchio Continente sul fronte tecnologico, che anche per questo motivo vuole riconquistare peso a livello mondiale spingendo sull’economia verde. La maggiore società europea per capitalizzazione è la svizzera Nestlé, che vale 320 miliardi di euro. Le cinque maggiori big tech Usa valgono molto più dell’intero indice europeo Stoxx 50 (le cinquanta maggiori aziende dell’eurozona) che somma 4,6 trilioni di dollari, costituito soprattutto società tradizionali: banche, assicurazioni, auto, moda, chimica e petrolio (anche se è proprio un colosso dell’oil come la saudita Aramco, appena approdata in Borsa a Riyadh, la società più capitalizzata del mondo con 1,8 trilioni di dollari di valore di mercato). 
Il dominio degli Usa sulla tecnologia spiega la corsa di Alphabet al Nasdaq, con un rialzo di ben il 40% in pochi mesi dai minimi di giugno 2019. Perché gli investitori continuano a credere nel gruppo guidato dal 3 dicembre dal ceo di Google, Sandor Pichai, che manterrà il doppio ruolo dopo il passo indietro dai ruoli operativi di Page e Brin? Parzialmente immune dalle tensioni geopolitiche vissute dagli Usa con Iran e Cina e via via stemperatesi, il gigante di Mountain View cresce per le attese di maggiori utili, in particolare sul fronte della pubblicità e dei business sul cloud. Gli esperti stimano il titolo ad almeno 1.500 dollari per azione, mentre Deutsche Bank si spinge ben oltre la stima di 1.700 dollari. In generale su Alphabet ben 37 analisti suggeriscono «buy» (comprare) e nessuno invece di vendere. La prima risposta arriverà il 3 febbraio quando Pichai presenterà i dati del quarto trimestre.