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 2020  gennaio 18 Sabato calendario

Varanasi demolita nel nome di Shiva

Varanasi si sta reincarnando. Intorno al Tempio d’Oro, il dedalo di vicoli fiancheggiati da piccole botteghe e antiche dimore dei maharaja è stato spazzato via in nome del dio Shiva. Un’enorme distesa di macerie porta ora dal Gange al santuario cuore della devozione induista. Soldati tutt’intorno a vigilare su questo enorme cantiere destinato a cambiare lo skyline della città più antica del mondo. 
Per secoli rimasto nascosto dietro un groviglio di case e piccoli laboratori, il dorato Kashi Vishwanath diventerà visibile dalle acque del Gange. E sarà direttamente accessibile dalle sue sponde. Un corridoio unirà i due luoghi sacri: la «dea Ganga» e il più importante tra i 12 templi in cui Shiva è adorato sotto forma di fallo. Soltanto gli induisti possono accedervi, e a breve dovranno indossare gli abiti tradizionali per poterlo toccare: il sari le donne, il kurta gli uomini. 
Il nuovo passaggio partirà da 3 dei suoi 84 ghat, le famose scalinate che degradano sul fiume come tetti spioventi da cui ogni giorno migliaia di devoti scendono per purificarsi nelle acque, per quanto tra le più inquinate al mondo. Il nuovo piano di riqualificazione urbana punta ad «agevolare» il transito dei pellegrini verso il tempio, hanno spiegato le autorità. 
I lavori sono partiti in sordina quasi due anni fa, prima con il piccone e poi con le ruspe. Soltanto lo scorso marzo, quando il premier Narendra Modi ha posato la prima pietra, è stato svelato il progetto: sulle ceneri del brulicante labirinto di case e mini bazar nascerà un ampio passaggio largo 75 metri e lungo 400 metri, con ai lati punti di rifornimento per acqua e ristoro, toilette, giardini, negozi, infermeria, guesthouse. Un’area moderna e attrezzata di 40 mila metri quadrati. 
«Il corridoio darà a Kashi una nuova identità in tutto il mondo, è l’inizio di un sogno che si avvera» ha scandito Modi, leader del Bjp, il partito nazionalista indù al governo, ricordando che anche il Mahatma Gandhi «soffrì nel vedere questo luogo sacro in così povere condizioni». 
Non so se si tratti di un progetto di sviluppo 
o di un manifesto politico, di sicuro le priorità della città sono altre, come ripulire il Gange 
Varanasi così spiritualmente intensa ma decrepita, decadente, sporca, maleodorante. 
Ma non è una semplice spinta alla modernizzazione in stile Dubai quella che sta interessando la città sacra. Modi ha presentato il progetto come un «atto di liberazione» del dio Shiva, ricordando che nel 2014 «era stato chiamato da Ma Ganga per liberare il tempio Vishwanath da una soffocante invasione», così che il dio Shiva potesse respirare. Parole che hanno allarmato i musulmani di Varanasi. Perché questo tempio confina con la moschea Gyanvapi. Il timore è che il loro luogo di culto possa andare incontro allo stesso destino di Babri Masjid, la moschea di Ayodhya distrutta dagli ultranazionalisti indù nel 1922. 
In questo bastione del Bjp scelto da Modi come collegio per candidarsi sia nel 2014 che lo scorso aprile, il progetto ha però suscitato perplessità anche tra molti induisti. Le viuzze strette che portavano al tempio con le case stipate una sull’altra erano un tratto distintivo del cuore di Varanasi. «Per fare spazio al corridoio hanno schiacciato l’anima di Kashi. Non è stato fatto nessuno studio archeologico prima dell’ingresso delle ruspe: con le case sono stati rasi al suolo centinaia di templi incastonati dentro – lamenta Debahuti Chowdhury, 22 anni, studentessa –. In migliaia sono stati costretti a lasciare le proprie case, chi ha tentato di opporsi in tribunale si è visto negare qualsiasi indennizzo». 
Da Los Angeles ci risponde Geoff Dyer, l’autore di Amore a Venezia. Morte a Varanasi: «Non so se si tratti di un progetto di sviluppo o di un manifesto politico, di sicuro il corridoio non era una priorità per Varanasi, lo sarebbe piuttosto pulire il Gange che è un gabinetto a cielo aperto». 
Sul lato destro del tempio, tra vicoli scampati (per ora) alle ruspe, l’apprensione è palpabile. «Spero che non si spingeranno fin qui, finora nessuno è venuto a chiedermi nulla – dice Suresh Sharma, 46 anni, titolare di un bottega di sciarpe e stole —. Soltanto i proprietari hanno preso tanti soldi come risarcimento. Spesso però hanno poi dovuto spartirseli tra più fratelli e non sono bastati per acquistare un’altra casa o negozio qui. Così se ne sono andati». 
Manu fa strada all’interno della casa del fratello Gobel: «Il governo ha chiesto di poterla rilevare, per ora abbiamo detto di no, ma so che prima o poi dovremo cedere». Kailash Kapoor, 62 anni, titolare di una fabbrica di tessuti si considera un sopravvissuto: «Delle mie otto dimore mi è rimasta solo questa. Ci vivo insieme a 85 inquilini, le famiglie dei miei operai». Tra loro Vakil Seth : «La gente accetta tutto questo perché crede che sia volere di Shiva».