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 2020  gennaio 18 Sabato calendario

Cina, mai così pochi nati da settant’anni

PECHINO È più importante il Pil al 6,1% o contano di più i figli? «La Cina ha superato una pietra miliare nel suo percorso di crescita, raggiungendo l’obiettivo dei 10 mila dollari di Pil pro capite», annuncia Pechino. Xi Jinping aveva promesso per il 2020 la costruzione di una «società moderatamente prospera» e i 10 mila dollari erano l’obiettivo statistico. Naturalmente la cifra è virtuale, solo per la statistica gli 1,4 miliardi di cinesi condividono i 10 mila dollari di prodotto lordo all’anno. 
Però, dopo aver celebrato il traguardo (10.276 dollari a testa ha precisato con orgoglio il direttore dell’Ufficio nazionale di statistiche) i pianificatori di Pechino dovranno fare i conti con la denatalità: il tasso di nascite nel 2019 è sceso ancora, all’1,05%, il più basso dalla fondazione della Repubblica popolare, settant’anni fa. Nel 2019 sono nati 14,65 milioni di bambini, 580.000 meno del 2018: il numero più basso dal 1961, quando il Grande balzo industriale tentato da Mao Zedong aveva sprofondato l’impero nella carestia. La popolazione in età lavorativa (tra i 15 e i 59 anni) si è ridotta di 890.000 unità. Solo il Giappone fa peggio tra le grandi potenze. Una bomba ad orologeria. Con la popolazione attiva che diminuisce si restringe il numero dei consumatori del mercato interno, come sanno bene le società occidentali. La società cinese potrebbe invecchiare prima di diventare davvero ricca. 
La voragine demografica è stata causata dalla sciagurata politica del figlio unico imposta negli anni 70 e abbandonata nel 2015. Le autorità avevano creduto di risolvere la crisi delle culle vuote, ma un tratto di penna sulla norma non ha invertito la tendenza: le coppie cinesi nell’era dell’incertezza e dell’egoismo si limitano a un bambino, molte non si permettono neanche quello. Le nascite, dopo un piccolo boom nel 2016, sono in declino da tre anni consecutivi. Le motivazioni sociali indicate dagli esperti di Pechino sono simili a quelle delle società occidentali: molte giovani lavorano e vedono matrimonio e maternità come un ostacolo alla carriera; esodo dalle campagne che erano il grande bacino di figli (braccia per la terra e sicurezza di sostegno per i genitori quando fossero invecchiati); costo di case e istruzione in continua ascesa. 
Il traguardo 
Per la prima volta è stata superata la soglia dei 10 mila dollari di reddito pro capite 
A Pechino si pensa di nuovo al dirigismo, anche nelle scelte personali delle donne, all’imposizione per sanare il problema. Qualche dotto demografo e alcuni politici di provincia hanno proposto di imporre due figli per legge. Altri, considerando che è sempre in vigore il divieto di avere più di due figli a coppia sposata, hanno proposto di abolire le sanzioni amministrative. La schizofrenia del sistema di controllo infatti prevede ancora multe e anche la perdita del lavoro per i dipendenti pubblici che infrangono il limite dei due bambini (80 milioni di cinesi lavorano per il governo o per aziende statali e potrebbero dare due figli alla patria). 
Di questo, il direttore del Bureau statistico nazionale Ning Jizhe ieri non ha parlato. Il calo delle nascite verrà arginato, ha assicurato Ning e si è dedicato ad altri dati macroeconomici cruciali. Nel 2019 il Pil cinese è cresciuto del 6,1%, scendendo ancora rispetto al 6,6% del 2018. È il tasso di espansione più basso dal 1990. Ma l’obiettivo fissato dal Partito-Stato era «tra il 6 e il 6,5» e dunque anche quest’anno il dogma dell’infallibilità ha retto, nonostante l’impatto della guerra dei dazi con gli Stati Uniti, giunta ora a una tregua firmata mercoledì a Washington. E la produzione industriale è aumentata del 6,9% a dicembre, rispetto allo stesso mese del 2018. Conforto per le Borse mondiali. 
Il Prodotto interno lordo cinese è arrivato a 99,09 trilioni di yuan, equivalenti a 14.400 miliardi di dollari. Vale all’incirca quanto quelli di Giappone, Germania, Gran Bretagna e Francia sommati. Una superpotenza. Che potrebbe invecchiare prima di arricchirsi.