ItaliaOggi, 17 gennaio 2020
Storia di Lili Marlene
Passo Halfaya / Africa Orientale / 14 giugno 1941 / Fronte di Tobruk. Nel ricordo di mio zio Nino, ufficiale comandante di una compagnia di artiglieria semovente controcarro.
Fino al tramonto non accadde assolutamente nulla. Sul passo, c’era un silenzio di morte. All’erta, ognuno nella sua buca tende l’orecchio. Nessun rumore di motori né di cingoli ancora. Nemmeno il vento. Poi, sommessamente, si animano le cucine da campo dell’Afrika Korps, delle Divisioni italiane Ariete e Brescia. E della Folgore. Probabilmente stasera non verranno. Gli inglesi non attaccano mai di notte in montagna. Comunque non a quest’ora.
Dura un attimo il tramonto nel deserto, nella notte luminosa le stelle sembrano cadere addosso. C’è già la luna, vivida come un sole freddo. Ma alle 21.57, come per magia, la tensione si allenta. Dagli altoparlanti tedeschi, italiani, inglesi, sudafricani, indiani, neozelendesi, che si fronteggiano a pochi chilometri di distanza, irrompe nel silenzio di una guerra ancora umana la voce magica attesa da tutti.
«Ore 21.57» scandisce metallico l’annunciatore di Radio Belgrado, l’emittente militare tedesca della Jugoslavia occupata. Dall’aria, in ogni postazione, nelle cuffie dei carri armati, nelle radio, in ogni buca scivolano nella notte, fino a riempirla, le note di Lili Marlene.
Vor der Kaserne, Vor der grossen Tor, stand eine Laterne, und steht sie noch davor... so woll’n wir uns da wiedersehn, bei der Laterne woll’n wir stehn, wie einst Lili Marlene.
Sedevano e ascoltavano. Nel deserto come nei sommergibili in emersione, in Francia come in Norvegia. Con lo stesso abbandono. Una voce dolce e malinconica per una canzone semplice tradotta ovunque.
Tutte le sere sotto quel fanal / presso la Caserma ti stavo ad aspettar,/ anche stasera aspetterò / e tutto il mondo scorderò, con te, Lili Marlene,/ con te Lili Marlene./ Dammi una rosa da tener sul cuor,/ legala col fil dei tuoi capelli d’or. /Forse domani piangerai,/ ma dopo tu sorriderai,/ a chi, Lili Marlene, a chi, Lili Marlene.
Presentata a Berlino nel 1938 da Lale Andersen, una sciantosa tra tante, la canzone era stata fischiata dal pubblico, fatta a pezzi dalla critica, giudicata banale e sentimentale. Da pace a guerra, cambiò la sorte di Lili Marlene. Fu quasi per caso. Proveniente da Radio Berlino, distaccato in Jugoslavia e destinato all’emittente militare di Belgrado, il tranquillo Maresciallo di Complemento Karl Reintgen si era portato da casa il disco, la canzone gli piaceva e, disse, interpretava la sua nostalgia. Direttore di trasmissione, la mandò in onda come introduzione a poche parole di saluto ai soldati impegnati in Grecia. A volerla anche in Africa, fu Rommel, il generale delle forze corazzate tedesche, interpretata dal coro della VI Panzergrenadierdivision (VI. Divisione Corazzata)
Due giorni dopo ne ritornò una gigantesca eco. Cambiata la situazione, il boom fu immediato per la canzone che prima nessuno voleva. Per radio, da tutti i fronti piovvero le richieste di ritrasmettere Lili Marlene. A cantarla nel 1944 fu chiamata Marlene Dietrich. La canzone passò alla storia, com’era passata, qual onda di commossa nostalgia, nel cuore di tutti i soldati e delle loro famiglie lontane.
Scrisse il corrispondente di guerra inglese Alan Moorhead in Trilogia Africana: «Non solo i tedeschi e gli italiani, ma anche gli inglesi l’ascoltavano ogni sera e, di giorno, ne fischiettavano il motivo, fino a creare imbarazzo negli ufficiali superiori». Si indignò anche Winston Churchill, ma non ci fu nulla da fare. Lili Marlene rimase di tutti. Nessuno come lei aveva dato un volto alla nostalgia.
Un anno dopo, mille chilometri più a est, a un passo da Alessandria, ascoltavamo la stessa voce sui campi minati di El Alamein. Dove stavamo noi della Folgore gli Inglesi non passarono. Poi mancò la benzina. Su una roccia del deserto sta scritto «Mancò la fortuna, non il valore». Rommel fece scrivere: Il soldato tedesco ha stupito il mondo. La Folgore ha stupito il soldato tedesco.