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 2020  gennaio 17 Venerdì calendario

Le migliaia di case della Difesa occupate abusivamente

Roma C’è chi è rimasto nell’appartamento nonostante sia stato congedato, e chi lo ha ceduto ai figli oppure alla moglie. C’è chi è stato trasferito e ha continuato a tenere la casa in vista di un possibile rientro, chi è andato in pensione e non l’ha lasciata. Sono i militari che nonostante non abbiano alcun titolo continuano a mantenere l’alloggio di servizio. Case sparse in tutta Italia – la maggior parte in zone di pregio – che la Difesa non riesce a liberare. E questo nonostante altri appartenenti alle forze armate ne abbiano diritto. La maggior parte utilizza lo stesso escamotage dell’ex ministra Elisabetta Trenta che aveva trasferito il contratto al marito, altri sfruttano i ritardi nei controlli. Su un totale di 16.500 immobili, sono circa 3.600 quelli finiti al centro dell’inchiesta della Procura di Roma. L’indagine nata dopo una relazione dello Stato Maggiore, si concentra sia sugli abusi e sui falsi compiuti dagli occupanti, sia sulle omissioni di chi avrebbe dovuto vigilare sulla regolarità delle procedure.
Il censimento Erano stati i sottosegretari del governo gialloverde Angelo Tofalo (M5S) e Raffaele Volpi (Lega) a gestire il dossier diviso per Regione con la mappa degli alloggi: un vero e proprio censimento dello Stato Maggiore che fa emergere gravi abusi. Bisogna infatti tenere conto che queste migliaia di persone risiedono in abitazioni senza avere i requisiti e godendo anche di privilegi relativi ai costi. I canoni di affitto sono inferiori a quelli di mercato e anche numerose spese non vengono conteggiate. Quello dell’ex ministra Trenta era certamente un caso eclatante visto che per un appartamento di oltre 180 metri quadri con posto auto nel centro di Roma versava una quota pari a 141,76 euro mensili e un contributo di 173,19 euro per l’utilizzo del mobilio: totale 314,95 euro. La quota per gli altri non è così bassa, ma certamente sotto la media delle case «private» che si trovano nelle stesse zone.
Figli e mogli Molti occupanti «abusivi» sono militari che si sono congedati oppure sono andati in pensione. Le norme dicono che dovrebbero subito traslocare e invece rimangono indisturbati. Moltissimi sono anche i figli dei soldati deceduti o le vedove. Alcuni di loro – questo emerge dai primi accertamenti – non avrebbero effettuato la comunicazione agli uffici competenti nascondendosi dietro la giustificazione di aver creduto che toccasse all’amministrazione effettuarla. E da anni sono affittuari senza che sia vivo il titolare del contratto. Ci sono poi i dipendenti civili, spesso trasferiti in altri ministeri o addirittura non più al servizio dello Stato che hanno sfruttato le carenze dei controlli. Le verifiche effettuate nei mesi scorsi avrebbero fatto però emergere anche attestazioni false – comprese quelle riguardanti le cosiddette «fasce protette» – e proprio per questo si è deciso di trasmettere gli atti alla magistratura.
Il danno erariale Quattro anni fa era stata la Corte dei Conti a lanciare l’allarme sulle «occupazioni sine titulo», ma anche su quelle – oltre 5.000 – che sono state di fatto abbandonate perché non ci sono i soldi per la manutenzione. E aveva denunciato «la gravità della situazione, che necessità di interventi chiari, precisi e puntuali e che vede oltre la metà degli alloggi esistenti indisponibili per il loro naturale impiego, perché occupati “sine titulo” o perché in attesa di lavori di ripristino». Appartamenti che dovrebbero essere assegnati ai soldati inviati fuori sede che invece rimangono senza alloggio proprio per gli abusi degli altri. E così si deve adesso quantificare il danno erariale provocato sia dai militari assegnatari, sia dai responsabili degli uffici che non hanno effettuato i necessari controlli.