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 2020  gennaio 16 Giovedì calendario

Sul ruolo di Padre Georg accanto a Ratzinger

La mattina in udienza (anche ieri, come ogni mercoledì), don Georg siede sorridente al fianco di Francesco, il pomeriggio invece torna angelo custode e occhio di Benedetto XVI. I cambiamenti non l’hanno mai spaventato. 
Da giovane portava i capelli lunghi e ascoltava Cat Stevens. A 47 anni, in maniera non proprio pacifica, ha preso il posto di Josef Clemens, storico segretario di Ratzinger, giusto in tempo per scortarlo sul Soglio di Pietro. Poi, come in un vortice: lo scandalo Vatileaks da cui esce sorprendentemente rafforzato, l’abdicazione-choc di Benedetto XVI, l’elezione di Francesco. E così l’arcivescovo Georg Gaenswein assurge al servizio di due Pontefici. Di quello regnante è il prefetto della Casa Pontificia (carica di reale potere, tutt’altro che onorifica), di quello emerito è ombra e filtro col mondo. 
Il "terzo pontefice"
Talento acrobatico e doti di resistenza (altrimenti dimostrate sui campi da tennis e nella piscina fatta costruire alla villa di Castel Gandolfo) hanno reso il prestante monsignore un’eminenza grigia della Curia, quasi un terzo papa. Doveva solo essere trait d’union e rasserenante fattore di normalizzazione nella scivolosa stagione del doppio Pietro, invece finisce invariabilmente descritto dai media nell’epicentro di trame, bufere, veleni d’Oltretevere. 
Martedì è stato lui a ritirare la firma di Benedetto XVI dall’esplosivo pamphlet sul celibato che, come già per i sacramenti ai divorziati risposati al Sinodo sulla famiglia, ha inevitabilmente catapultato Ratzinger alla guida occulta della fronda tradizionalista, stavolta assieme al cardinale co-autore Robert Sarah, in precedenza con altri porporati anti-Bergoglio come Gerhard Müller e Raymond Burke. «Il Papa emerito non aveva approvato alcun progetto per un libro a doppia firma: si è trattato di un malinteso», ha scandito Gaenswein. Quanto basta per far ribollire, nella galassia ultraconservatrice, il sospetto di un doppio gioco del servitore di due Pontefici, così abile da dosare sotto traccia all’opposizione interna l’accesso a Benedetto XVI per poi sconfessarla di fronte all’indignazione di Francesco. «Per ruolo e capacità, è la scatola nera dei misteri vaticani dell’ultimo decennio. Nessuno osa sfiorarlo, almeno finché è in vita Ratzinger», tagliano corto nei sacri palazzi. Chi non dubita della sua lealtà è Benedetto XVI, accanto al quale don Georg non ha mai celato una partecipazione affettiva che dice molto della sua personalità e dell’asserita volontà di «essere trasparente come il vetro per non oscurare in alcun modo Benedetto XVI». Piangeva vistosamente il 28 febbraio 2013 quando insieme (come padre e figlio) Ratzinger e lui hanno lasciato l’Appartamento della Terza Loggia. 
Altrettanto emozionato, tre settimane dopo, don Georg vi rientrò con Bergoglio togliendo i sigilli, aiutandolo a spingere la porta che non si apriva, accendendo la luce. E mentre Francesco diceva che lo Spirito Santo ha ispirato la rinuncia del suo predecessore per il bene della Chiesa, don Georg appariva davvero commosso. Sotto i riflettori accompagna Bergoglio, dietro le quinte mette a sua disposizione segreti e conoscenze degli 8 anni di pontificato ratzingeriano, inclusi dossier in sospeso e torbidi finanziari. È lui il traghettatore tra i due pontificati. Figura del tutto inedita nella storia ecclesiastica: punto di contatto e camera di compensazione tra Papa regnante e quello emerito. Conserva la funzione di segretario di Ratzinger ma al tempo stesso regge la "Pontificalis Domus" del suo successore. Oltre ogni protocollo, don Georg agisce sostanzialmente da cinghia di trasmissione nell’insidiosa epoca dei due Papi. E’ stato lui, per conto di Ratzinger, a gestire il passaggio delle consegne sui temi più spinosi. Nelle intenzioni di Benedetto XVI la presenza (e il consiglio) del presule tedesco era il modo per aiutare e proteggere Bergoglio nei meandri curiali. E’ stato lui a custodire la relazione dei tre cardinali inquirenti Herranz, Tomko, De Giorgi sul furto dei documenti. 
Nella Sala Clementina ha affiancato il nuovo Pontefice all’atto di omaggio dei conclavisti: il polacco Nycz gli chiese di salutargli Ratzinger, il connazionale Stanislao Dziwisz, ex segretario di Wojtyla, no.