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 2020  gennaio 16 Giovedì calendario

L’uomo di Neanderthal era moderno

Altro che uomini delle caverne. I Neanderthal amavano il mare, uscivano dalle loro grotte per immergersi e forse persino tuffarsi nelle acque del Tirreno. L’ultima novità sui nostri cugini, vissuti in Europa e Asia tra i 200mila e i 40mila anni fa e poi soppiantati dall’Homo Sapiens, arriva dal litorale laziale tra Sperlonga e Gaeta. Nel 1949 lungo quel tratto di costa, nella Grotta dei Moscerini, furono rinvenute 171 conchiglie lavorate in modo da poter essere usate come utensili. L’analisi stratigrafica datò quei reperti in un periodo compreso tra i 90 e i 100mila anni, e a quell’epoca c’erano sono Uomini di Neanderthal in Europa occidentale. Ora, 70 anni dopo la scoperta, c’è chi ha fatto un clamoroso passo avanti nello studio di quelle conchiglie, ma soprattutto nella ricostruzione della preistoria italiana e dei suoi protagonisti: un team guidato da Paola Villa, in un articolo pubblicato sulla rivista Plos One, suggerisce che un quarto delle conchiglie rinvenute nella Grotta dei Moscerini non siano state raccolte sulla spiaggia, ma "pescate" sul fondale marino da qualcuno che si era tuffato allo scopo. Quella dell’Homo Neanderthalensis che fa immersioni in apnea, è solo l’ultima tappa di un "processo di riabilitazione" in corso da qualche anno: l’immagine dei Neanderthal trogloditi, con capacità cognitive e tecnologiche inferiori ai Sapiens appartiene ormai al passato. E un contributo importante lo ha dato proprio Paola Villa, che già nel 2014 aveva pubblicato uno studio comparativo secondo cui non esistono prove archeologica per sostenere la superiorità culturale dei Sapiens sui Neanderthal.
Dunque dottoressa Villa, in base alle sue ricerche questi nostri cugini non erano poi così diversi da noi?
«Esatto. Erano molto più evoluti di quanto si ritenesse in passato, e di quanto molti pensano ancora oggi.
Le ultime scoperte dimostrano che erano relativamente "moderni": non erano solo cacciatori di grandi mammiferi, ma sapevano pescare su laghi e fiumi e amavano le immersioni subacquee».
Come avete scoperto che parte delle conchiglie della Grotta dei Moscerini erano state "pescate", tanto da richiedere un tuffo in mare?
«Analizzando la diversa usura dei gusci. Carlo Smriglio, specialista di conchiglie del Mediterraneo presso l’Università Roma Tre e co-autore dello studio appena pubblicato, ha analizzato tutte le conchiglie al microscopio. Ha confermato che si tratta di Callista chione (noto come fasolaro, ndr), ma soprattutto ha stabilito che il 23.9% delle conchiglie ritoccate dai Neanderthal per farne utensili era stato raccolto in mare, non sulla spiaggia».
Che uso facevano i Neanderthal delle conchiglie?
«Le usavano come lama. Una volta rotto con la giusta tecnica, il guscio rimane tagliente a lungo».
Perché avevano bisogno di tuffarsi? Non bastavano le conchiglie depositate dalle maree?
«Andavano alla ricerca di esemplari più grandi e integri, che meglio si adattassero alle loro esigenze. Ed è possibile che per farlo scendessero fino a 2-4 metri di profondità».
Quindi i Neanderthal sapevano nuotare. Possiamo escludere che sapessero anche costruire piccole imbarcazioni?
«La questione è controversa. Non mi risulta che ci siano tracce di Neanderthal su isole italiane. Mentre invece a Creta sono stati trovati utensili in pietra risalenti a 130mila anni fa. Ma il dibattito è aperto».
Lei, nata e cresciuta a Roma, si occupa della preistoria italiana ed europea da un luogo molto lontano: è ricercatrice e curatrice del Museo di Storia Naturale dell’Università del Colorado. Come ci è arrivata?
«Ho conseguito un dottorato in Archeologia classica alla Sapienza di Roma e subito dopo, nel 1979, un PhD in Archeologia preistorica all’Università della California. Per cinque anni ho lavorato all’Università di Bordeaux, prima di stabilirmi definitivamente in Colorado».
E quando era ragazza dove andava al mare?
«Tra Sperlonga e Gaeta. Proprio dove, 90mila anni prima di me, si tuffavano i Neanderthal».