la Repubblica, 16 gennaio 2020
Totti e il calciotto del lunedì sera
La prima volta che ha parlato di quest’idea, i suoi amici pensavano avrebbe partecipato a un paio di partite, tre al massimo: «Macché, io le voglio giocare tutte». Francesco Totti è stato di parola, forse perché basta un pallone per farlo felice. Anche se questo che accarezza oggi è più piccolo di quello che ha spedito 250 volte in porta in Serie A. Anche se tutto intorno non ci sono l’Olimpico o San Siro, ma campi della periferia romana: Centocelle, Montespaccato, Trullo, La Storta, una rassegna quasi pasoliniana.
Il mondo esterno s’è accorto della nuova vita di Totti grazie a un video circolato sui siti d’informazione di tutto il mondo: c’è lui di spalle che calcia una punizione disegnando una traiettoria impossibile all’incrocio dei pali di una porta in cui hanno fatto gol migliaia di romani nella loro vita, e una voce fuori campo che dice «ma tu sei matto!». Il palcoscenico è la Lega Calcio a 8, un torneo amatoriale, di amici, non riconosciuto dalla Federcalcio. Quando Sara Simeoni stabilì il record del mondo saltando oltre i 2 metri c’era a riprenderla solo una tv locale e per anni si pensò non esistesse lo straccio di un’immagine di quel gesto. Altri tempi, d’accordo. Oggi una punizione di Totti fra amici viene ancora ripresa da tutte le angolazioni possibili e fa centinaia di migliaia di visualizzazioni in rete. «Mai avrei pensato di marcare un campione del mondo. E quando gli chiedevamo una foto ha sempre detto sì», racconta Fabrizio Nolano, il capitano degli ultimi avversari.
Francesco continua a fare ciò che più gli piace, in attesa di decidere che cosa diventare. A Dazn ha giurato: «Non voglio fare il procuratore, ma il talent scout». Una società tutta sua l’ha già costituita, qualche ex compagno a dargli una mano (Vincent Candela, indimenticato terzino dello scudetto romanista) un paio di giovani agenti Fifa a rappresentarlo. Intanto si toglie sassolini dalle scarpe con la Roma, “colpevole” di averlo «fatto smettere di giocare» («ma in Serie A guardando chi c’è oggi potrei ancora dire la mia») e di non aver sopportato il dirigente Totti «perché ero ingombrante, ma con un’altra proprietà potrei tornare: mai dire mai».
Alla prima partita ha preso in mano il pallone e l’ha baciato sussurrandogli: «Quanto mi sei mancato». Il lunedì sera lascia a casa Ilary e i bambini e torna a vestire la maglia numero 10. Non è giallorossa ma grigio scuro, non può lanciarla in curva a fine partita ma dovrà lavarla nella lavatrice di casa. La Roma (solo di nome, nulla a che vedere con la società di Pallotta) è uno dei suoi 15 avversari in questa Lega: l’iscrizione costa 500 euro a squadra e chi vince va alle finali nazionali a Riccione, ma oggi il suo Totti Sporting Club è 6° in classifica. Gli avversari sono ragazzi tra i 20 e i 30 anni, studenti, molti lavoratori: la domenica giocano in Eccellenza o Promozione, campionati minori ma ufficiali. Il lunedì, anziché riposare, partecipano con gli amici a questo campionato, 8 contro 8, con campi ridotti e un pallone a metà tra quello di calcio e quello da calcio a 5.
Non c’è lunedì in cui Francesco non si fermi a fine partita con avversari e compagni. S’è abituato alle docce a volte fredde in spogliatoi prefabbricati su campi periferici, gli stessi dove chiunque può prenotare un’ora di gloria settimanale per sfidare amici o colleghi. La presenza dell’ex numero 10 della Roma è diventata però un elemento di richiamo spaventoso: sul campo di Castel Fusano di proprietà della famiglia Totti, dove gioca le partite in casa e ha sede anche la sua scuola calcio, si radunano in media mille persone con l’unico desiderio di ammirare ancora una volta un suo colpo di tacco, un pallonetto. Hanno dovuto costruire una piccola tribuna da 700 posti che il suo allenatore, l’amico Carlo Cancellieri, ha ribattezzato il “Totti stadium”. Gli altri si accalcano a bordo campo, aggrappati alle reti di recinzione.
Pure gli avversari si moltiplicano per giocare contro di lui: un medico in servizio con l’ambulanza s’è intrufolato in campo durante un time out per chiedergli una foto. Fabrizio Loffreda, tra gli organizzatori, ne parla ammirato: «Ci sono tanti ragazzi che prima della partita si lamentano degli spogliatoi, del freddo. Lui non ha mai detto una parola: arriva per primo e si mette a tirare le punizioni, una volta mi fa “ora prendo la traversa, c’ho il piede caldo”. E l’ha presa».
Nel Totti Sporting Club hanno giocato Vucinic, Aquilani, Tonetto, presto Pizarro e magari De Rossi. Chi non manca mai è Francesco: nemmeno togliergli la maglia della Roma è bastato a farlo smettere.