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 2020  gennaio 16 Giovedì calendario

Lo smog fatto in casa

Non è il traffico automobilistico la prima causa dell’invasione delle polveri sottili nel Centro-Nord del Paese. È, piuttosto, il riscaldamento residenziale. Il consumo di legna, pellet e carbonella, combustibili minoritari all’interno delle nostre case, incide sull’inquinamento residenziale per oltre il 90 per cento.Lo studio di Life PrepAir, progetto della Regione Emilia su co-finanziamento europeo nato nel febbraio 2017 per trovare in sette anni soluzioni all’inquinamento dell’intero Bacino del Po, porta acqua al mulino dei critici delle misure blocca- traffico. Lo stop alle auto non è solo un provvedimento tampone, che finisce per togliere attenzione politica e risorse economiche a soluzioni di ampio respiro, ma anche le priorità sui pericoli – sostiene il progetto – sono mal scandite e affrontate.
Ecco, uno degli inquinanti più invasivi, il Pm10 – che dà problemi respiratori, come dimostrano i ricoveri di questi giorni al Policlinico di Modena –, trova la sua prima fonte nell’inquinamento abitativo. Il traffico d’auto, certo, offre un contributo importante: i gas di scarico dei veicoli e l’usura di freni e pneumatici producono emissioni di ossidi di azoto e ammoniaca che, in atmosfera, si trasformano in polveri sottili (Pm10). L’elemento più importante di questa partita, però, è il riscaldamento domestico, che nel bacino padano pesa per il 55 per cento. Per fare un esempio, solo in Lombardia la “combustione di biomasse legnose” (attraverso stufe a legna o a pellet e caminetti) vale per il 45 per cento nella dispersione di polveri sottili quando i motori diesel contribuiscono solo per il 14 per cento. Le regioni centro-settentrionali con la ferma delle auto più vecchie hanno avviato un’operazione poco utile. Ed è una colpa la disattenzione nei confronti della fonte primaria: il riscaldamento di casa. In molte città, va detto, al divieto ai motori diesel accesi in strada si accompagna la riduzione di uno o due gradi nel riscaldamento negli uffici pubblici.
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – Ispra – conferma che anche il 64 per cento delle emissioni di Pm2.5, possiamo chiamarle polveri sottilissime, deriva proprio dal settore residenziale ed è riconducibile in buona parte alla legna. E così la ricerca dei traccianti delle diverse sorgenti, condotti sul campo dalle Agenzie regionali per l’ambiente (Arpa).
Uscendo dal bacino padano, il protagonismo negativo delle biomasse resta una certezza. Le massime concentrazioni di Pm10 si registrano nelle stazioni di rilevamento di Frosinone, “area dove la combustione della legna è forte”, dice lo studio. I dossier di Arpa Umbria rivelano, ancora, come a Città di Castello il contributo delle biomasse alle concentrazioni di particolato arrivi al 47,8 per cento. In Puglia, regione che non segnala sforamenti delle polveri sottili, le massime concentrazioni di aerosol inquinante si avvistano nel comune di Torchiarolo, dove la prima fonte di emissione è proprio la combustione in stufe e caminetti. Bruciare legna nel suggestivo caminetto non produce solo un pulviscolo insidioso di Pm10, ma anche Benzo(a)pirene, che fornisce alle stesse polveri nuova tossicità.
Non esiste combustione casalinga a emissioni zero, ad oggi. Il metano non incide sulla nostra respirazione, ma allarga il buco dell’ozono. E il pellet, in crescita sul mercato visti i prezzi concorrenziali, a lungo è stata indicata come un’energia verde e come tale sovvenzionata.