la Repubblica, 15 gennaio 2020
Biografia di Eleonora Andreatta
Di lei dicono che sia la donna più potente della Rai, anni fa era stata tirata in ballo anche come possibile direttore generale. Se sul potere è facile sparlare – e lo fanno in molti – sulle capacità sono tutti d’accordo: Eleonora “Tinny” Andreatta, direttrice di Rai Fiction, sa fare il suo lavoro. Una secchiona. La prima ad arrivare e l’ultima a andare via. Le nomine dovrebbero prevedere il merito, per questo stupisce il voto del cda e che sia finita nel gioco della politica.
Laurea in Letteratura italiana a Bologna, dove nasce nel 1964, formazione americana, corsi di cinema alla Ucla, la figlia dello statista Beniamino Andreatta è entrata in Rai come collaboratrice nel 1995 (assunta nel 1998). Dal 2012 è a capo di Rai Fiction, struttura strategica: circa 180 milioni di budget, fabbrica dell’immaginario che prova a raccontare l’Italia, aprirsi al mondo (con le coproduzioni) e «includere». “Nessuno escluso” era lo slogan del suo piano editoriale «perché come servizio pubblico dobbiamo parlare a tutti». La fiction è strategica per Rai 1, dalle serie evento alle repliche di Montalbano, e ha portato la Rai a vincere la battaglia degli ascolti. Poi la decisione di allargare la produzione a Rai 2 (destinata al pubblico più giovane, vedi Rocco Schiavone) e a Rai 3.
Tinny (non si gira se qualcuno la chiama Eleonora), deve il suo nome a quello della protagonista di un’opera di Tagore che conquistò i genitori durante un viaggio in India. Con la politica dei piccoli passi ha portato sulla prima rete la società che cambia: gli amori omosessuali che non fanno scandalo, la violenza di genere. E il racconto, che diventa grande cinema, ispirato alla letteratura (da Camilleri a Ferrante), storie di donne fuori dagli schemi (il successo di Imma Tataranni). «Una regola che mi sono data» spiegava «è non produrre mai una storia in cui non credo. Posso aver fatto errori, ma li ho fatti credendo che fossero storie giuste da condividere». Raccontano che quando si arrabbia è meglio non starle vicino, ma in pubblico è sempre sorridente, sorriso discreto, s’intende. La discrezione è il marchio di fabbrica, Bologna la sua città, il luogo dove tornare.Ha due fratelli e una sorella: Tomaso è economista e vive in Vietnam, la sorella Erika è architetta, Filippo è professore di relazioni internazionali all’Università. Dalla madre psicoanalista, Giana Petronio (che ha pubblicato un bel libro, È stata tutta luce, sulla storia d’amore con Beniamino Andreatta) ha ereditato la passione per il cinema.
Di politica si parla in famiglia, ma Tinny Andreatta lo ha detto chiaro e tondo: «L’idea di fare politica non mi ha mai sfiorato. Sono cresciuta con un’idea della politica come servizio. Ho un’idea del potere come “possibilità di fare”, non come gestione del potere intesa classicamente». L’esempio paterno l’ha guidata: «C’era un paragone che mio padre faceva, quello degli scalpellini delle chiese medievali, usi a fare statue perfette anche nel retro che le persone dal basso non potevano vedere ma solo Dio e i piccioni. Avevano l’idea delle cose ben fatte, perché le cose bisogna farle bene anche se non vengono viste». Figuriamoci se sono viste da milioni di persone.