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 2020  gennaio 15 Mercoledì calendario

Nella clinica che salva i koala

Sono andati a prenderseli ad uno ad uno, sugli alberi, nel parco nazionale di Kanangra-Boyd chiuso al pubblico, ma loro avevano due giorni per entrare nella foresta devastata e portarne in salvo il più possibile. Quando li prendevano in braccio, capitava che i koala si aggrappassero spaventati e spossati ai loro eroi, gli operatori e i volontari della Taronga Conservation Society, proprietaria dell’omonimo zoo e del centro veterinario, che lo scorso novembre ha lanciato un disperato appello per raccogliere fondi e potersi autofinanziare. Le donazioni sono arrivate, ma non bastano a garantire la sopravvivenza di uno degli animali simbolo della nazione, neanche per coprire l’emergenza. Così, pochi giorni prima di Natale l’amministratore delegato del Taronga Zoo, Cameron Kerr, ha deciso di allearsi con un’altra organizzazione, Science for Wildlife, per unire le forze. 
La strage di koala, per colpa degli incendi che da settembre devastano senza sosta l’Australia, ha toccato i 30 mila esemplari morti. Il conto degli animali che hanno perso la vita, in questo cimitero di roghi, è di oltre un miliardo, una catastrofe ecologica inimmaginabile. E molte specie, tra cui quella del koala sono a rischio estinzione. Per farsi un’idea, al momento la superficie di foresta bruciata è circa il doppio di quella andata in fiamme in Amazzonia lo scorso novembre, circa tredici volte l’estensione degli incendi in California. È come se fosse sparita l’intera Corea del Sud. Da prima di Natale, lo sforzo di Cameron Kerr, e della dottoressa Kellie Leigh, direttrice di Science for Wildlife, non è stato vano. «Abbiamo individuato cinque aree in cui la popolazione di koala era nutrita – racconta la donna -. Di queste, tre erano stato colpite dagli incendi. In collaborazione con le autorità abbiamo ottenuto l’autorizzazione a entrare nelle zone off limits, ci hanno incaricato di salvare quanti più animali possibile». Non è stato facile trovarli, «avremmo voluto prenderne di più, ma siamo già soddisfatti». Molti erano in fin di vita, altri si stavano spingendo verso il fuoco, in cerca di cibo lontano dalle zone già arse e diventate cumuli di cenere e tronchi mozzi. 
Hanno trovato, primi tra tutti, 12 esemplari, di cui 3 maschi adulti, 5 femmine e 4 cuccioli. Li hanno trasferiti a circa due ore di auto, all’ospedale per la cura della fauna selvatica del Taronga Zoo, in una struttura creata in meno di 24 ore, grazie anche all’aiuto dei numerosi volontari. «Una volta arrivati - racconta Leigh - ci siamo accorti che si trattava di esemplari tra i più geneticamente eterogenei, il che li rende di importanza cruciale per la conservazione della specie». Nick Doyle, direttore della Taronga Conservation Society, aggiunge che saranno rimessi in natura quando e se saranno guariti, e se ci saranno le condizioni per garantirne la sopravvivenza. Doyle descrive la situazione tragica dei marsupiali: «I koala sono una specie minacciata, probabilmente dopo questa catastrofe a rischio estinzione». In passato, la popolazione toccava addirittura i 4 milioni di esemplari, ora il numero si attesta attorno alle 300 mila unità. 
Ora, i piccoli animali resteranno per un periodo in isolamento, in uno spazio apposito dove non si sentiranno i rumori della città e in cui l’interazione con gli umani sarà ridotta il più possibile, essenzialmente concessa ai soli veterinari del centro. La speranza è che si adattino con rapidità a questa nuova sistemazione, ricominciando ad alimentarsi normalmente, per poi poterli reinserire in piena salute in natura. Anche per questo i koala appena arrivati al centro saranno tenuti separati da quelli già presenti ed ovviamente non staranno nella zona aperta al pubblico. «Al momento gli animali stanno meglio - continuano gli esperti - anche se non si sono ancora adattati a vivere in spazi più limitati e abbiamo numerose difficoltà a nutrirli». 
Ma non sono solo gli animali ad aver perso la vita nei roghi australiani: 28 persone sono morte negli ultimi mesi, migliaia gli sfollati e 10 mila ettari di bosco bruciati. Il fumo, dice la Nasa, potrebbe presto aver compiuto il giro del mondo; ha già precorso metà del globo, come risulta dai satelliti, alzandosi nell’atmosfera per 17,7 chilometri d’altezza. L’Agenzia spaziale americana ha notato che è cambiato anche il colore del cielo nell’America del Sud. E la situazione più grave è quella della Nuova Zelanda, colpita da un netto e «grave peggioramento della qualità dell’aria», e dove si starebbe cominciando ad annerire la neve sulle montagne più alte. A Melbourne, intanto, e in altre zone dello stato australiano di Victoria, particolarmente colpite dall’emergenza incendi e investite dai fumi delle zone boschive ancora in fiamme nella parte Nord ed Est dello Stato, la situazione meteorologica è stata definita «pericolosa». La città è scesa all’ultimo posto della classifica mondiale di qualità dell’aria.