Il Messaggero, 15 gennaio 2020
Uomini in passerella con i calzoni corti
Il ritorno all’infanzia, «dove si è liberi, poetici e tutto è permesso», per esprimere un modo nuovo di essere uomini, lontano dalla «mascolinità tossica». Alessandro Michele ha chiuso ieri le passerelle di Milano tornando a sfilare con l’uomo. È da cinque anni a capo della griffe: il suo arrivo ha segnato un’epoca e ha creato un terremoto creativo con riverberi in tutto il mondo. Un lustro, dunque tempo di festa e di bilanci.
Così Michele invita gli ospiti al rave del quinto compleanno con un biglietto tenero e la scrittura da bimbo e la cartella stampa è su foglio protocollo a righe, come i temi a scuola. Il soggetto è la mascolinità. Non quella mainstream, che esclude, ma un nuovo modo di essere uomini. «Romantico, pieno di sfaccettature, non per forza come ti hanno raccontato».
I BAULETTI
Il nastro del tempo si riavvolge in uno spazio austero, un teatro elisabettiano o una tribuna scientifica, dove si muove un pendolo meccanizzato (e subito si pensa a Foucault). I modelli (con loro anche l’artista romano Giovanni Vetere) indossano pantaloni corti, il cappotto smilzo, la giacca adesa, il maglioncino d’angora con ricamato il pulcino o il gattino, i jeans stinti. E poi tocchi rockabilly e disco, come le pettinature a banana, la collana di cristalli, i pantaloni di pelle metallizzati.
Le borsette sono rubate alla mamma, oppure sono bauletti per la merenda. Due t-shirt presentano artwork dal libro Psychopts, di Richard Hell e Christopher Wool con la scritta impotenza-impazienza. È il tempo zero dell’infanzia, una sorta di età dell’innocenza, di libertà e di felicità dove dimorano «una bellezza e un romanticismo pazzesco». Da lì secondo Alessandro Michele si può ricominciare a creare l’identità di uomini.
«Dobbiamo tornare indietro, decostruire l’idea di maschio come si è affermata storicamente, pericolosa per uomo (di cui è schiavo) e donna (che lo subisce). Questa collezione è un inno al romanticismo e al sesso maschile, capace di tante cose, anche di revisionare ciò che gli è stato insegnato. L’uomo deve tornare a dialogare con la sua parte femminile».
In Italia c’è più machismo? «Forse un po’ più di altri paesi anglosassoni e di certo il cattolicesimo è un limite. Ma io non sono un sociologo, sono un impiccione di cose che succedono. Non voglio distruggere, l’uomo anzi voglio allargare i suoi orizzonti. Credo nei giovani, hanno attenzione a quel che succede».
Marco de Vincenzo è al debutto con l’uomo, dopo la prima volta al Pitti. Per la sua collezione sceglie la libertà. «Spesso ci ostiniamo a voler spiegare la moda, ma sono gli abiti a parlare.
La moda è come dire ciao, un saluto universalmente compreso». In sfilata quindi lascia parlare la collezione, che si muove tra il «classico e la novità, la norma e la possibilità». Così il loden si risveglia grazie alle plissettature; il trench stupisce con le maniche arricciate; il completo grigio si ammorbidisce con il fiocco, il kilt è spalmato su una rete metallica. E la borsa ha la foto di Man Ray, riprodotta con un ricamo..
LA DISCOTECA
Iceberg sceglie il luxury sportswear. Il direttore creativo James Long mescola echi militari e formali per un rave party a tinte dark, visto che la collezione sfila in discoteca. Sostenibilità e praticità per Chorustyle che parte dall’idea di nobilitare il mondo sportivo. Nella sfilata anche una capsule in 30 capi ecosostenibili realizzati con filo rigenerato: jumpsuit e jogging, cardigan, bluse. «Nascondere per raccontare» è il motto di Valerio Farina per la sua Numero 00.
«Tutti abbiamo qualcosa da nascondere, nel bene e nel male». E lo stilista lo fa nascondendo frasi e parole nelle tasche di giubbotti e cappotti. E infine la sostenibilità con la capsule collection di scarpe stringate, composte da tessuti innovativi e 100% riciclati.