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 2020  gennaio 14 Martedì calendario

Il reddito di cittadinanza favorisce i divorzi

Dal rischio abusi, a partire dai falsi divorzi per ottenere la «mancia statale», ai disincentivi a cercare lavoro, oltre al fatto che non avvantaggia le famiglie più numerose, per altro più esposte al rischio povertà. Insomma, il reddito di cittadinanza non solo non funziona, ma ha fatto rinascere l’italico ingegno, sotto forma di trucchi e ingaggi. Perché c’è pure chi si separa per finta, in modo da ottenere due redditi veri. Con somma gioia degli avvocati specializzati nel diritto di famiglia. Altro che lotta alla povertà. E così l’Ocse, pur riconoscendo i progressi dell’Italia nel campo dell’assistenza sociale, torna a puntare il dito contro le criticità del reddito voluto dal ministro degli Esteri, allora vice premier, Luigi Di Maio, e suggerisce la ricetta per evitare che la misura diventi un incentivo a stare a casa. Carte alla mano, da un working paper di fine novembre, emerge come la misura risulti più generosa con le famiglie monoparentali e meno per i nuclei più numerosi, che invece sono a maggior rischio di povertà rispetto alle piccole famiglie, alimentando il rischio di abusi con finte separazioni per accedere alla misura. il gap tra nord e sud Il caso della Grecia insegna. Atene nel 2017 ha introdotto uno schema simile assistendo – in occasione delle richieste di adesione – a un aumento delle famiglie monoparentali 10 volte superiore rispetto alla popolazione, il che si presta a pochi dubbi sugli abusi. «L’esperienza della Grecia suggerisce innanzitutto che le domande delle famiglie monoparentali necessitano di un’attenta verifica e, in secondo luogo, i parametri dovrebbero essere a vantaggio delle famiglie più numerose», si legge nel documento. Il reddito di cittadinanza ha inoltre il difetto congenito che la quota invitante di sussidio previsto e gli stringenti criteri di ammissibilità, creano «forti disincentivi per i membri delle famiglie a basso reddito ad entrare nel mondo del lavoro o ad accrescere il reddito lavorando più ore». E il sussidio scoraggia anche la ricerca di lavoro da parte dell’altro coniuge. E c’è anche il rischio che aggravi ulteriormente il gap Nord-Sud dell’Italia. Aumentando il reddito delle famiglie beneficiarie, specialmente nelle regioni meridionali, il reddito può portare «nell’immediato» ad una «piccola caduta nel tasso di povertà» ma non incide «a lungo termine sugli incentivi e sulle capacità delle famiglie passare al lavoro formale», aumentando il divario tra regioni più vulnerabili e regioni più ricche. Secondo l’Ocse, «queste politiche combinate con elevata tassazione e contributi che pesano sul reddito scoraggiano il lavoro, in particolare del secondo coniuge» e «contribuiscono ad ampie disparità sociali e regionali dell’Italia». Da qui la ricetta in tre punti suggerita dall’organizzazione. Primo, migliorare la capacità dei centri per l’impiego. Secondo, ricalibrare la misura integrandola con incentivi per il lavoro a basso salario. Terzo, combinare il sussidio con un sistema di imposta sul reddito semplificato e progressivo che, a fronte di un costo iniziale modesto, nel lungo termine potrà «incoraggiare l’occupazione».