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 2020  gennaio 14 Martedì calendario

La sabbia bloccherà il Mose?

Oggi dovrebbe essere sperimentato il sollevamento di uno dei quattro tratti del Mose, le dighe a scomparsa che dal prossimo autunno (in via provvisoria) e dal 2022 (in via definitiva) chiuderanno fuori dalla laguna l’acqua alta che minaccia Venezia. Il problema mostrato dagli ultimi esperimenti di funzionamento delle paratoie colossali è il loro rientro in posizione di riposo alla fine dell’emergenza, e oggi si controllerà se il problema è ricorrente o se era stato solamente occasionale. Dal punto di vista tecnico potrebbe essere questo l’ostacolo maggiore al successo pieno del progetto, ma i problemi più complessi non sono quelli tecnici di calcestruzzo e acciaio bensì quelli normativi, gestionali e regolatori.
Che cos’è il Mose
Il Mose per salvare Venezia dalle acque alte è quasi pronto. Finora sono stati spesi 5,3 miliardi (tangenti incluse) su una spesa totale e finale di 5,5 miliardi dopo 17 anni in cui si sono alternati lavori con frenesia furibonda a periodi di paralisi totale e cantieri abbandonati.
L’opera principale individuata negli anni ’80 per salvare Venezia dallo sprofondare del terreno e dall’alzarsi incessante del mare è il sistema di quattro dighe colossali a scomparsa per chiudere il mare fuori dalla laguna quando la marea sarà troppo alta, ma invisibili quando saranno a riposo. 
Le dighe a scomparsa sono cassoni d’acciaio posati sul fondo delle bocche di porto; quando ci saranno condizioni astronomiche e meteorologiche di rischio per la città, allora le paratoie si alzeranno formando una barriera per tenere l’acqua fuori dalla laguna. Quando la marea scenderà, i cassoni riaffonderanno nei loro alloggiamenti nascosti sul fondo, riaprendo il passaggio e lo scambio di acqua fra il mare e la laguna.
Il problema della sabbia
Negli ultimi esperimenti le dighe in azione avevano aspirato nei loro alloggiamenti vuoti vagonate di sabbia dal fondo. Quando dovevano tornare a riposo, i cassoni d’acciaio avevano trovato l’alloggiamento occupato dalla sabbia e non scendevano. Furono episodi momentanei? Ci saranno problemi per la funzionalità del porto e il ricambio di acqua della laguna? Se fosse un difetto di progetto servirà una soluzione – a funzionamento velocissimo – diversa dal chiamare ogni volta gli incursori Comsubin della Marina per togliere a braccia la sabbia.
Cabina di regìa
Il Consorzio Venezia Nuova ha completato ben più del 90% dei lavori di costruzione del Mose, ma la parte già pronta a lavorare è quella di calcestruzzo e acciaio, la più massiccia. Assai più indietro è il completamento dei lavori che faranno funzionare la macchina colossale: software, sala controllo, sensori, compressori. Ma manca soprattutto l’assetto normativo e istituzionale. A collaudi avvenuti, impressi timbri e firme, chi gestirà l’opera? Con quali regole e criteri? Settimane fa si era pensato di istituire un’Agenzia per Venezia. 
Un altro tema da risolvere è il rapporto con il porto che – impongono le leggi speciali sulla salvaguardia di Venezia – va tutelato. In presenza del Mose attivo e funzionante, serve una normativa che definisca Venezia “porto regolato” come Amburgo, Anversa, Rotterdam. In altre parole, la laguna di Venezia non sarebbe più un porto ad accesso libero come gli altri bensì per via delle aperture e chiusure delle barriere mobili il porto avrebbe una regolazione simile a quella di un aeroporto, con gli slot per le partenze e per gli atterraggi e la normazione sull’inagibilità.