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 2020  gennaio 14 Martedì calendario

Come passa le giornate Benedetto XVI

Preghiera, lettura e uno sguardo vigile su ciò che lo circonda. Joseph Ratzinger fa vita ritirata, ma senza perdere contatto con la Chiesa e col mondo. La settimana scorsa una tv bavarese ha mostrato la giornata tipo del fragile ma indomito 92enne Benedetto XVI all’interno del monastero Mater Ecclesiae, ritraendone anche i saldi legami con la terra natale. 

Buen retiro contestato 
Già il domicilio è controverso. «Giovanni Paolo II l’aveva concepito come un’oasi di preghiera, non come buen retiro post-abdicazione», spiega il decano dei vaticanisti Gianfranco Svidercoschi, amico e collaboratore di Karol Wojtyla. Passeggiando nei Giardini Vaticani, «Wojtyla vide questo palazzetto disabitato e decise di accogliervi suore di clausura perché non si dicesse più che in Vaticano non si prega. Nessuna traccia di tv né di termosifoni. Ogni cinque anni ruotavano le congregazioni religiose lì ospitate, finché il segretario di Ratzinger, Georg Gänswein non l’ha ristrutturato per farne la dimora del Papa emerito e dei suoi collaboratori». Ora la voce di Benedetto XVI è sottile e si percepisce con fatica, ma l’intelletto è lucido. Si muove su una sedia a rotelle tra pareti tappezzate di libri, accanto all’inseparabile don Georg. 
«Avevo una grande voce, adesso non funziona più. Ogni notte affido la Baviera al Signore, nel mio cuore sono sempre legato al nostro Stato», dice. La sua quotidianità è scandita da orari precisi, aperta dalla messa celebrata puntuale col segretario alle 7,30 nella cappella privata, sotto lo sguardo materno dell’immagine più venerata. È la statua della Patrona della Baviera con Gesù in braccio, donata dall’ex primo ministro Edmund Stoiber. Mattina e pomeriggio sono accomunate dalla preghiera e dalla lettura, intervallate da pasti leggeri cucinati dalle Memores domini italiane (le suore laiche di Cl che lo assistevano pure al Palazzo Apostolico e che hanno imparato a cucinare soprattutto dolci bavaresi) e da rare visite di persone care. Il luogo in cui si svolge la sua "pensione" è lo studio affollato di volumi e cimeli-ricordo della famiglia e della patria. Nella residenza, foto dei genitori, dei fratelli Georg e Maria, un dipinto di Sant’Agostino portato con sé dall’arcidiocesi di Monaco e un pezzo di pan di zenzero con la scritta in tedesco "Nessun posto è come la casa", souvenir dell’Oktoberfest, come documentato dal suo biografo Aldo Maria Valli. 
Nello studio campeggia la stessa scrivania usata per 65 anni e sulla quale sono stati scritti fondamentali saggi teologici tradotti in tutto il mondo. Poco distante la cappella dove si isola in raccoglimento due volte al giorno e la panchina nei giardini dove gode i raggi di sole delle ore più calde. Tutte le fasi della sua vita sono racchiuse in testi nei quali si immerge per lunghe ore. Pranzo e cena sono parimenti leggeri: i piatti della tradizione bavarese, a seconda dei giorni, sono alternati a specialità della cucina italiana perché insieme risulterebbero troppo pesanti. 

Senza stemma araldico
Poiché in Vaticano la forma è sostanza, Ratzinger ha rifiutato l’emblema araldico da Papa emerito ideato per lui dal cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo. Quindi, nessun segno esteriore espressivo della nuova situazione che si è creata con la rinuncia al ministero petrino. Eppure la bufera infinita sui "due Papi" riaffiora in ogni fase accesa del dibattito ecclesiale. La situazione del tutto anomala e senza precedenti di un papato emerito reclama ancora i necessari aggiustamenti formali e sostanziali. 
Durante il Sinodo sulla Famiglia, Ratzinger ha dovuto smentire una presunta ingerenza contro la riammissione ai sacramenti dei divorziati risposati. «Al momento della rinuncia, avrei preferito farmi chiamare semplicemente "Vater Benedikt", padre Benedetto, ma ero troppo debole e stanco per impormi», ha raccontato a un connazionale. 
Un retroscena significativo, un tratto umanissimo della personalità che contrasta con l’immagine della diarchia in Vaticano e del Papa emerito che continua a manovrare, dal "nascondimento" del monastero, la Chiesa universale, "scavalcando" il Papa regnante. Voci secondo cui "padre Benedetto" all’occorrenza si metterebbe di traverso ai piani del suo successore. 
La sua vita appartata da Papa emerito trascorre serena ma non distaccata nel recinto di San Pietro. Per i suoi 90 anni il vaticanista Gianni Valente ha descritto le «sparate grottesche, empie o perverse dei sedicenti fans che lo offendono come un Antipapa, contrapponendolo all’attuale Vescovo di Roma». In realtà «non solo lo sguardo lucido e connaturale sull’avvenimento cristiano che ha confessato per tutta la vita con la sua "teologia in ginocchio" (come l’ha definita Francesco), ma anche la rinuncia al Soglio indicano quale sia il cuore del mistero della Chiesa». Scendendo dal trono, Ratzinger ha mostrato che nessun Papa può credere di essere lui a salvare la Chiesa: folgorante smaterializzazione della figura papale e sublimazione di una funzione di testimonianza. Benedetto XVI ha abbandonato qualcosa che non aveva cercato. «Se scopro chi si ostina a votarmi, lo prendo a schiaffi», sbuffò al conclave del 2005 il cardinale conservatore Giacomo Biffi. Non conosceva ancora il nome del suo elettore: Joseph Ratzinger.