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 2020  gennaio 14 Martedì calendario

Intervista al medico che curò Roby Baggio

«Pareva un ragazzo schivo, Roby Baggio. Ma a conoscerlo scoprivi una persona ben diversa, era dolcissimo, simpatico con tutti, sempre pronto allo scherzo, alla battuta». Ricorda bene Stefano Della Villa, oggi come allora presidente dell’Isokinetic, il centro di riabilitazione bolognese dove il Codino svolse la rieducazione dopo l’intervento al legamento crociato del ginocchio sinistro.
Come andò?
«L’operò il professor Marcacci, alla clinica Toniolo, poi Roby venne da noi. Passarono 77 giorni e riuscì a tornare in campo».
Era il 21 aprile del 2002, Baggio sostituì Giunti ed ereditò da Guardiola la fascia di capitano.
Brescia-Fiorentina 3-0 con doppietta del Codino. Ma pochi mesi dopo il Trap non lo chiamò ai Mondiali di Corea e Giappone.
«Ci furono polemiche a non finire, anche petizioni, l’allora ct non lo ritenne pronto, Baggio ci rimase malissimo».
Comprensibile.
«Lui aveva ancora in testa quell’errore dal dischetto a Pasadena, nel ’94, ci teneva a rifarsi, anche a distanza di così tanti anni».
Resta oggi, come allora, quello al crociato, un intervento delicatissimo.
«È un infortunio che, diciamolo, può condizionare una vita, parlando di professionisti. L’esempio di Marchisio è evidente, è il classico infortunio che può far declinare una carriera o se uno è agli inizi, impedirla del tutto o comunque limitarla molto».
Voi con Baggio faceste una sorta di miracolo, anche per la tempistica.
«Il caso di Zaniolo però è diverso e non parlo dell’interessamento al menisco di cui ho sentito dire, che forse c’è per Zaniolo e che Baggio non aveva. Il discorso è un altro».
In che senso?
«Baggio aveva 35 anni, quel Mondiale sarebbe stato l’ultimo acuto di una carriera da sogno.
Valeva la pena tentarle tutte. A Zaniolo auguro ovviamente di partecipare al prossimo Europeo, ma ha appena 20 anni e una vita davanti. Per questo dico che sono due storie diverse, Nicolò non ha certo bisogno di accelerare i tempi».