Libero, 13 gennaio 2020
Mario Bertona, sommelier del tè
«Mia figlia ha assaggiato il suo primo tè a quattro mesi. E poi… poi non ha più smesso». Mentre ce lo spiega, al telefono, sua figlia è lì, vicino a lui nella sua casa di Novara. Ogni tanto gli suggerisce qualche parola e se a Marco Bertona sfugge un concetto la ragazzina di undici anni, metà cinese, per via della madre, e metà italiana, si infila nel discorso. «Non poteva essere diversamente, con un padre assaggiatore di tè e una madre maestra della cerimonia del tè in Cina, anche lei ha ereditato la passione». Marco, una cinquantina d’anni, è un sommelier, il massimo esperto di tè in Italia. Ha allenato il palato per anni ad assaporare gli infusi. È capace di distinguere gli aromi, la sua lingua abile conosce centinaia, se non perfino un migliaio di tè. «Esistono più di un migliaio di tè al mondo. Basti pensare che solo in Cina ci sono 300 varietà di tè verde». È un mondo un po’ a sé il suo. Lo conoscono in così pochi, è cadenzato da rituali, da una sapienza millenaria che non ha perso nei secoli il suo fascino incantatore. «È un piacere per me fare questo lavoro. Non mi sforzo». Per Marco Bertona non esiste quasi altra bevanda. Ingurgita due litri di tè al giorno, assapora la miscela con metodo, calma e una conoscenza infinita sedimentata negli anni. «Specifichiamo: due litri di tè al giorno non all’inglese, ma alla cinese. Non utilizzo le bustine dove ci sono circa due grammi di tè che vanno rilasciate in 150 ml di acqua e poi vanno cambiate. Questo significherebbe per me assorbire 20 grammi al giorno di tè, non sarebbe possibile. Con la preparazione cinese bastano 3/4 grammi di foglie che vengono intinte in più di mezzo litro d’acqua».
PASSIONE VISCERALE
Nel ’83 il suo primo incontro con la bevanda. Aveva poco più di vent’anni, una passione viscerale per il mondo orientale, arriva in Sri Lanka dove vede quelle immense piantagioni di tè, i raccoglitori veloci piegati sulle foglie, lo spettacolo inatteso di un mondo di spirito e odori. Se ne innamora, si impratichisce, inizia, come un bambino che scopre il mare e non vuole più uscire dall’acqua, a non poterne più fare a meno. La sua esperienza si solidifica, il suo palato diventa malleabile a tutti gli infusi e la sua memoria così precisa da ricordare ogni bevanda. I suoi rapporti con la Cina diventano intensi, fonda un’associazione, Associazione Italiana Tè e Infusi (AssoTè) – la prima associazione del tè in Italia, oggi unica associazione professionale di categoria a livello nazionale. Lo chiamano le multinazionali, come Lipton, per fargli esprimere pareri solidi sugli aromi. «Sono diventato un professionista, perché l’asticella ha iniziato ad alzarsi sempre di più e dovevo garantire un certo rigore, determinate conoscenze». Nel 2006 si diploma Tea Taster in Cina presso l’Università di Scienze Agrarie di Canton e lo stesso anno, superato l’esame ministeriale dell’idoneità professionale, otterrà – unico occidentale – l’Attestazione di Qualificazione Professionale di «Advanced Tea Taster». Una carriera che non si arresta, anche in Cina le sue abilità sono riconosciute, viene chiamato per conferenze, per pareri, per fare da giudice in gare di esperti. Più bravo conoscitore del tè cinese persino dei cinesi. «È perché sono italiano: dall’esterno sono diventato capace di saper leggere e conoscere le varietà regionali di tè cinesi».
NON BASTA BERE
Ci vuole tecnica, studio, costanza. Non basta bere tè. Botanica, chimica, merceologia. Un bagaglio di saperi che si incrociano. «Un buon tè si definisce in base a diversi parametri: sul colore e la lavorazione delle foglie secche, sul colore e le sensazioni olfatto-gustative del liquido e sulle sensazioni olfattive e quelle tattili delle foglie bagnate». Per preparare un tè come si deve, vanno conosciute le tecniche di preparazione. I tè bianchi della Cina, per esempio, richiedono una temperatura dell’acqua di 70-80°C, per un’infusione della durata che va da 3 a 5 minuti. Mentre per preparare i tè verdi del Giappone bastano 1 o 2 minuti di infusione in acqua dalla temperatura che oscilla tra i 70 e i 75° C. Per bere un buon tè, inoltre, bisogna partire da un buon acquisto e da una conservazione corretta. «Meglio utilizzare barattoli di latta». Regolare l’acqua con un bollitore elettrico, «il microonde va evitato», una teiera di porcellana o in terracotta, e poi sorseggiarlo in una tazza leggera, di un colore che ne risalti l’aspetto. «La bustina è comoda, ma io consiglio sempre di utilizzare le foglie per apprezzare il gusto del vero tè». Bertona ha fatto un ultimo passo di recente per la sua carriera. Il suo tè nero del Verbano, la prima piantagione su larga scala in Italia, si è aggiudicato in Cina il Gold Award, scavalcando 104 tè in gara, tra cui 72 cinesi. Un tè italiano, fatto in Italia, per la prima volta, è stato decretato il migliore. Ha sorpassato i paesi produttori da millenni. «Stupore, sgomento, incredulità. Non ci credevo. Ho partecipato senza pensare che avrei potuto vincere». Ma ce l’ha messa tutta: da un paio di amici e 10mila piante lavorate a mano, è venuto fuori il tè più buono del mondo.