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 2020  gennaio 13 Lunedì calendario

In tv il mistero Garduña

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Prototipo di tutte le mafie o invenzione letteraria, una sorta di fake news dei secoli passati? E’ stato un serial televisivo spagnolo ambientato nella Siviglia del XVI secolo, La peste, a riaccendere il dibattito sulla Garduña, società criminale clandestina che si dice nata nel 1412 a Toledo e prosperata nel secolo seguente all’ombra dell’Inquisizione, addirittura - secondo il mito che la avvolge in Spagna - modello esportato in Italia nel XV secolo da tre suoi esponenti, tre fratelli sbarcati davanti a Favignana che avrebbero così dato i natali a Cosa Nostra, Camorra e Ndrangheta.
Naturalmente nel serial televisivo la Garduña viene data per certa, le sue violenze assassine una sorta di braccio armato dell’Inquisizione; anche se proprio l’autore del programma, Rafael Cobos, mette le mani avanti affermando che si tratta di «un fenomeno letterario con una base reale», che forse una Garduña con nomi e cognomi non esisteva, ma che tuttavia «è difficile credere che non ci fossero organizzazioni criminali nella Siviglia di quell’epoca». Certo è che il serial, alla sua seconda stagione con il sottotitolo «La mano della Garduña», gode della garanzia storica riconosciutagli nel primo anno, quando era incentrato sull’epidemia di peste bubbonica che dà il titolo all’intera serie.
«Lo scontento sociale cresce e si cristallizza nella nascita della Garduña che ha assunto il controllo della città», si afferma nel programma. Ma Juan José Iglesias, professore di storia moderna all’università di Siviglia taglia corto: «Non c’è alcuna conferma documentale della sua esistenza, sebbene si supponga che avesse una vasta ramificazione». Lo scrittore León Arsenal, che con lo storico Hipólito Sanchiz è autore di una Storia delle società segrete spagnole, osserva che probabilmente si tratta di «un mito fabbricato convenientemente in un’epoca in cui era consuetudine cucinare questi miti». E aggiunge: «Secondo me è l’equivalente spagnolo del Codice Da Vinci». Però a quel «mito», che forse del tutto mito non è, ha dedicato un intero capitolo del suo libro, in cui arriva a definire la Garduña «braccio irregolare della Santa Inquisizione» (la quale, detto per inciso, è stata una drammatica realtà); un’attività che garantiva impunità nei loschi affari privati - furti, sequestri, assassini - della società.
Il romanzo del 1845
Chi attribuisce una realtà storica a quella «fratellanza» osserva, non senza una dose di buon senso, che proprio in quanto segreta e in un’epoca in cui la figura del pentito non esisteva la società non ha lasciato documenti: era un Gran Maestro che viveva a Toledo a reggerne le fila, lui e lui solo conosceva tutti i membri. Non a caso il principio fondamentale per i punteadores (assassini), i floreadores (ladri), i soplones (informatori), i chivatos (apprendisti e aiutanti dei punteadores), perfino le sirenas (l’ala femminile, la cui missione era di attirare le vittime nei luoghi più propizi), cioè per tutti i membri di quella complessa organizzazione, era «poca lingua», cioè silenzio. E’ una bella storia di cappa e spada, terminata secondo la leggenda nel 1822, quando il Gran Maestro Francisco Cortina e sedici suoi confratelli furono giustiziati a Siviglia. Fu in quell’occasione, si racconta, che tutti i documenti furono bruciati.
Chi nega realtà storica alla Garduña dà la colpa del mito a un romanzo del 1845 - Misteri dell’Inquisizione spagnola e di altre società segrete - scritto da un tale Víctor de Fereal: «Un thriller esoterico - spiega Hipólito Sanchiz -. Un fogliettone con cattivi molto cattivi e buoni molto buoni. Tutti i libri che parlano della Garduña fanno riferimento a quel romanzo, in una continua ripetizione in forma assolutamente acritica, e poco a poco si è finito per dare certezza all’esistenza di quella società».
C’è però da osservare, secondo chi ci crede, che proprio in quel libro appare un’annotazione a piè di pagina di un tale Manuel de Cuendías che afferma di essere stato lui ad arrestare il Gran Maestro Cortina e a consegnare tutta la documentazione alle autorità sivigliane. E’ sufficiente come appunto storico? Forse no. Ma anche se è un’invenzione la storia - come prova il successo televisivo - è una bella storia.