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 2020  gennaio 13 Lunedì calendario

Biografia di Stephanie Grisham

Washington «Siamo pronti a dare 200 mila dollari in beneficenza se farai il tuo dannato lavoro», twittano gli scrittori Stephen King e Don Winslow. L’offerta è rivolta alla portavoce della Casa Bianca, Stephanie Grisham, 43 anni, che dal luglio 2019, quando ha assunto l’incarico, non ha mai tenuto un briefing con i giornalisti accreditati.
«Faremo una donazione a tuo nome al St. Jude’s Chidren Hospital (a Washington ndr) per aiutare molti bambini se tu accetterai di rispondere per un’ora intera alle domande dei reporter», precisano i due autori di best seller. Winslow, 66 anni, ha appena pubblicato «Il Confine». King, 72 anni, oltre a essere celebre per aver scritto «Shining» e «It», è anche un attivista liberal.
Il punto, però, è che Stephanie sta già facendo, e anche molto bene, il suo «dannato lavoro». Donald Trump, su consiglio della moglie Melania, l’ha presa per sostituire Sarah Huckabee Sanders con un mandato preciso: con i media ci parlo solo io, come e quando voglio.
Grisham obbedisce alle consegne con lo zelo e il senso dell’ineluttabilità che contraddistinguono i consiglieri più stretti del presidente.
Figlia di agricoltori del Colorado, studi universitari, due mariti, un figlio, Stephanie ha cominciato come giornalista in una tv di Tucson, in Arizona. Nel 1997 votava per il Partito democratico, ma nel 2012 eccola al lavoro nel comitato elettorale del repubblicano moderato Mitt Romney, poi sconfitto alle presidenziali da Barack Obama.
È una trumpiana della prima ora. Fu notata dallo staff del tycoon per un bellicoso discorso a Phoenix, in cui faceva a pezzi la stampa locale. Saltò a bordo del vascello corsaro e naturalmente le fu affidata la cura dei reporter. Il suo diretto superiore era l’ormai leggendario Sean Spicer, bruciato dall’illusione di poter interpretare il pensiero di Trump.
Da questo punto di vista Grisham ha le idee più chiare e, soprattutto, non ha velleità di protagonismo. Nel 2017 si è spostata alle dipendenze della First Lady: in due scucivano a mala pena una dichiarazione al mese. Il talento di Stephanie, però, è un altro. Lealtà, fedeltà assoluta alla causa. E capacità di rispondere come un software automatico, e quindi inutile, a qualsiasi obiezione. Mai un dubbio o un cedimento. O forse sì. Una volta, si racconta, servì biscotti tiepidi al cioccolato ai cronisti bistrattati dalle folle trumpiane.
Passata nella West Wing, agli ordini diretti del presidente, Grisham ha applicato la sua formula liquida all’ennesima potenza. Abbiamo visto giornalisti sessantenni piagnucolare nelle riunioni della «White House Correspondents Association»: «In sette mesi non sono neanche riuscito a stringerle la mano». Si sperava nel party natalizio, organizzato in un grande albergo a due passi dalla Casa Bianca. Ma niente: Stephanie ha dato buca, senza preavviso.
Ecco perché anche la mossa di Stephen King e Don Winslow sembra senza speranza. Grisham, per altro, ha replicato in stile, cioè facendo finta di non capire: «Se avete 200 mila dollari con cui giocare, allora perché non aiutare semplicemente i bambini? La beneficenza non dovrebbe essere soggetta a condizioni».