la Repubblica, 12 gennaio 2020
La squadra di calcio chiamata Optì Pobà
E ra il 26 luglio 2014 quando Carlo Tavecchio, presidente Federcalcio, pronunciò le famose frasi su Optì Pobà e le banane. Da allora alcune cose sono cambiate. Una squadra che ha nome Optì Pobà, ho letto sull’ Avvenire, è stata fondata nell’ottobre 2014 a Potenza da Francesco Giuzio, ed è composta da soli richiedenti asilo. L’idea gli è venuta a Rifreddo, mentre seguiva un corso da allenatore in un hotel che ospitava anche un gruppo di immigrati. Quasi automatico che tutti si ritrovassero intorno a un pallone. E poi pensassero a una squadra, e ad altre iniziative, come una scuola d’italiano, che favorisse l’integrazione. Dice Giuzio: “Il calcio è un mezzo per dare una speranza a questi ragazzi. Sentirsi bravi in qualcosa, sia pure una semplice partita, permette loro d’aumentare l’autostima e trovare la forza di cercare una loro strada”. Tutto liscio? “All’inizio sì, erano tutti complimenti e pacche sulle spalle. Nell’ultimo anno qualcosa è cambiato. Soprattutto quando stavamo vincendo, magari con un punteggio largo, qualche avversario mi ha chiesto di dire ai ragazzi di andarci piano, perché erano a casa nostra, quindi niente tunnel, niente scivolate per una questione di rispetto. C’è stato anche qualche coro di cattivo gusto, o chiaramente razzista, ma siamo andati avanti”. Vincendo coppa e campionato nella stagione 2017/18, e creando Optinsieme, fusione con la cooperativa Insieme, che gestisce una comunità di recupero per tossicodipendenti. I suoi ragazzi giocano insieme agli immigrati.