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 2020  gennaio 12 Domenica calendario

Le disegnatrici italiane dal 1600 a oggi

Si entra nello studio di Paola Pallottino lasciandosi alle spalle il rumore del canale delle Moline, uno dei corsi d’acqua invisibili che attraversano Bologna e di tanto in tanto riaffiorano tra le abitazioni. Così è la casa-archivio di Pallottino, storica e docente dell’illustrazione, nonché autrice di memorabili canzoni per Lucio Dalla: diecimila pubblicazioni e uno straordinario archivio d’immagini a partire dai quali hanno preso forma, affiorando, la prima Storia dell’illustrazione italiana nel 1988, Dall’atlante delle immagini nel 1992, e ora Le figure per dirlo.
Storia delle illustratrici italiane, appena edito e mandato in libreria da Treccani Libri. Ripercorre le vicende di novecento artiste, dalle incisore del Seicento alle disegnatrici digitali di oggi, passando per aristocratiche filantrope e sconosciute pioniere del cinema d’animazione, sottratte all’anonimato e alla disattenzione. È il frutto di una ricerca su libri, ex libris, réclame, calendari, fumetti, cartoline, periodici — nonché famigliari ed eredi viventi — che Pallottino, ottant’anni agguerriti e compiuti la scorsa primavera, non esita a definire «l’opera della mia vita», dal momento che «Come altre storie, anche quella dell’illustrazione femminile è la storia di una cancellazione».
Professoressa Pallottino, la cancellazione delle illustratrici è il risultato di una discriminazione che agisce, lei scrive, fino alla metà dell’Ottocento. Quindi subentra l’emarginazione: l’esclusione sostanziale dalla grande letteratura, dai libri d’avventura, dalla caricatura. E perché questo finisca, occorre attendere gli anni ’60 del Novecento.
«È così. Fino all’Ottocento le artiste si formano e lavorano in quanto figlie, sorelle, mogli, compagne di artisti. Alcune sono straordinarie: Elisabetta Piccini, nata a Venezia nel 1646 in una famiglia di incisori, entrò in convento e continuò a incidere e a stampare, anche per l’editore Remondini, senza limitarsi a soggetti sacri. Con i proventi contribuiva al sostentamento del convento di Santa Croce. È eloquente che l’elenco degli illustratori che chiude il Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento citi 471 artisti e tra essi solo tre donne. Nelle mie ricerche sull’800 ne ho rintracciate almeno una ventina. Maria Assunta Elvira Pochini, ad esempio, l’unica donna tra i plotoni di caricaturisti che hanno reso celebri i fogli risorgimentali. O Isabella Bozzolini, pittrice botanica definita "dilettante", che fornì molte tavole alla Pomona italiana del conte Gallesio».
Nella sua "Storia" lei ha riunito novecento illustratrici. Oltre alla discriminazione, cosa le accomuna?
«Direi le strategie messe in atto per potersi comunque esprimere nei territori minimi loro consentiti, quelli dei giornali e dei libri per l’infanzia, dei soggetti religiosi ed edificanti, degli almanacchi femminili e di moda, e che riconducono tutte a una caparbia, quanto perennemente sottovalutata qualità professionale. Adriana Fabbri, in arte Adrì, cugina di Umberto Boccioni, nel 1912 vinse un concorso di arte umoristica con una vignetta della Gioconda strangolata da due mani maschili… Marina Battigelli illustrò un centinaio di titoli religiosi per la SEI e per "Vita e pensiero". Quando nel 1940 venne chiamata da "La Scala d’Oro", la più popolare collana di classici per ragazzi degli anni Trenta, non a caso le fu proposto Quo vadis?. Solo nel 1924 una illustratrice poté misurarsi con Pinocchio, Maria Augusta Cavalieri, ma al seguito di suo padre Luigi».
Però il Novecento si era aperto, proprio a Bologna, con il primo giornale modernista, "Italia ride" nelle cui pagine la rappresentanza femminile era importante.
«Italia ride, che nasce nel 1900 e prosegue per 26 splendidi numeri da gennaio a giugno, pubblica nove illustrazioni di quattro donne; per fare un paragone L’Illustrazione Italiana di Treves accoglie la prima artista, Adelina Zandrino, solo nel 1913, a 40 anni dalla sua fondazione. Nel 1905 appare a Torino il quindicinale La Donna, a fine 1908 nasce il Corriere dei Piccoli, che è un’idea di Paola Lombroso, figlia di Cesare. Sono i fermenti di quello che ho chiamato Novecento aurorale, interrotti dalle guerre e dai dopoguerra. Il filo si riannoda solo negli anni Sessanta».
Grazie al movimento delle donne e al Sessantotto?
«Non solo. Nel 1966 Rosellina Archinto fonda la Emme Edizioni e ribalta la letteratura per l’infanzia. Nel 1965 esce una rivista come Linus. Nel 1964 nasce la Fiera del libro per ragazzi di Bologna che dal 1967, e sono felice d’averlo suggerito, affianca alla mostra mercato degli editori la mostra degli illustratori. Tre episodi nodali per il destino delle illustratrici. Fino a che negli anni Novanta si approda a quella che chiamo "parità superata": servono figure per l’unica editoria che non subisca crisi, quella per i ragazzi, e le artiste conquistano finalmente il ruolo che loro spetta. Oggi sono tantissime, bravissime».
Ma tra tutte, quella che lei ha amato di più?
«Bruna Moretti, in arte Brunetta Mateldi: la sola che nel libro abbia una figura su due pagine. Massima illustratrice italiana del Novecento, pittrice giornalista e stilista, ha pubblicato su Vogue e Harper’s Bazar. Mi occupai di lei anche nel 1981 quando curai una piccola pubblicazione e mostra, Caste dive nella vampa stridente. Sessanta illustratrici in Italia dalla fine dell’Ottocento agli anni Quaranta. Rileggere le sue lettere è piangere di gioia».