Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  gennaio 11 Sabato calendario

Intervista alla sardina Mattia Santori

«L’altro giorno ho incontrato dal benzinaio Cesare Prandelli. Lui mi ha riconosciuto e mi ha chiesto un selfie. E io: "Tu lo chiedi a me, ti rendi conto?"», racconta ancora incredulo Mattia Santori. Fino a due mesi fa, era un 32enne di Bologna con un lavoro in ufficio e il doposcuola coi bambini a insegnare avviamento all’atletica. Dal 14 novembre è anche la sardina più nota d’Italia.
Com’è la vita da sardina?
«Questi due mesi sono stati belli e stravolgenti, abbiamo scoperto cose nuove e imparato lavori diversi… Ora cerco di mantenere gli impegni di lavoro, anche se devo chiedere un sacco di permessi. Non voglio staccarmi dalla vita reale».
Cosa le dice chi la riconosce per strada?
«Molti mi fanno festa. L’altro giorno per la prima volta un ristorante non mi ha fatto pagare per ringraziarmi di quello che facciamo... Mi sono vergognato di brutto». 
Essere riconosciuto la lusinga o la imbarazza?
«Quando chiedono un selfie un po’ mi imbarazza, ma il contatto umano mi fa piacere».
Riceve minacce sui social?
«Ricevo insulti ma non gli do importanza. Non apro Facebook da un mese e mezzo, non ho tempo, mi basta occuparmi di WhatsApp e mail».
Il 19 farete un grande evento a una settimana dal voto in Emilia-Romagna: cosa succederebbe se vincesse la Lega?
«Nelle città in cui ha vinto sappiamo da chi ci vive che c’è un’attenzione diversa ai temi sociali, alla cultura, alle associazioni. Ma la vera domanda è: cosa succede se in Emilia perde la Lega?».
Cosa succede?
«Per Salvini è un crocevia importante: se invochi un referendum a tuo favore e lo perdi, è uno smacco. Sarebbe l’inizio di un’inversione di tendenza».
Si può dire che le sardine sono di sinistra?
«Secondo me no, nel momento in cui raccogliamo consenso trasversale».
Fate come i Cinque stelle: né di destra né di sinistra?
«La componente più forte del movimento è progressista, ma non lo possiamo definire ufficialmente di sinistra. Le piazze sono libere».
Lei è di sinistra?
«Io sì. Sono un moderato di sinistra».
Cosa ha sbagliato il centrosinistra in questi anni?
«Forse è mancato un po’ di coraggio e di innovazione».
Lei ha definito il movimento una forza politica…
«Certo. Si può essere una forza politica anche senza avere candidati. Dobbiamo ridare senso alle parole».
Qualcuno di voi ha definito congresso il vostro incontro di marzo e subito è stato smentito. Le fa paura la parola "partito"?
«In generale no, per quanto riguarda le sardine sì. La politica è una cosa seria che richiede competenza ed esperienza. Uno dei nostri compiti è riconoscere la buona politica, non sostituirci ai partiti».
Esclude che possiate diventare un partito?
«Lo escludo. Ma può essere che qualcuno che ha partecipato a questo risveglio di coscienze decida di entrare in politica».
È già successo?
«Un paio di casi. A chi vuole candidarsi abbiamo chiesto di lasciare il ruolo di referenti delle sardine. Una persona ha preferito restare, un’altra ha scelto di candidarsi».
Come sarà l’incontro di marzo?
«Un momento per decidere quale direzione prendere, quale struttura darci».
Avete riempito decine di piazze con grande seguito mediatico. Non teme che l’interesse svanisca con la ripetitività?
«C’è questo rischio. Ma si sta avvicinando una nuova fase, più propositiva, dove sceglieremo temi e battaglie». 
Quale dev’essere una vostra battaglia?
«La democrazia digitale. Mancano regole sul dibattito politico sui social network, non c’è trasparenza sui soldi spesi, eppure io penso che il 60 per cento del consenso si formi attraverso i social. Potremmo chiedere un intervento su questo già prima delle elezioni in Emilia: denunceremo una serie di situazioni che abbiamo osservato in questi mesi».
Lei è mediaticamente il più esposto: si sente il leader delle sardine?
«Noi di Bologna non abbiamo autorità ma - un po’ perché siamo i fondatori e un po’ perché facciamo sintesi tra temi e territori - abbiamo un’autorevolezza che ci è riconosciuta dall’esterno. La dimensione nazionale è difficile, non l’avevamo prevista, ma senza saremmo meno forti. Credo sia inevitabile avere un rappresentante. E non sempre il rappresentante si autosceglie».