Corriere della Sera, 11 gennaio 2020
Sondaggi, italiani neutrali sulla crisi iraniana
La tensione tra Usa e Iran e le vicende libiche stanno scuotendo l’opinione pubblica del nostro Paese che, da lungo tempo, è alle prese prevalentemente con le questioni interne, a partire da quelle economiche e politiche. Non a caso secondo il monitoraggio annuale che Ipsos realizza per Ispi, l’interesse per le notizie internazionali tra il 2015 e il 2019 ha fatto segnare un significativo arretramento: gli italiani molto interessati rappresentano il 17% (nel 2015 erano il 23%) e coloro che dichiarano esplicitamente di non essere interessati sono saliti al 40% dal 25% di cinque anni fa.
Riguardo all’attacco Usa che ha portato all’uccisione del generale Soleimani, solamente l’8% lo considera una giusta reazione da parte del governo americano per bloccare un possibile conflitto che avrebbe potuto estendersi rapidamente; il 27% lo giudica un’azione comprensibile, ma eccessiva per i rischi di destabilizzare ulteriormente un’area già molto instabile, mentre uno su due (49%) lo ritiene un grave errore che potrebbe innescare una guerra dalle conseguenze imprevedibili.
La reazione iraniana con il lancio di missili sulle basi americane in Iraq accentua il timore che possa esplodere un conflitto: il 59% è convinto che i rischi di guerra tra Usa e Iran siano reali (e tra costoro il 43% ritiene che l’Italia dovrebbe rimanere neutrale), mentre il 16% è del parere che non vi sia il rischio di un conflitto imminente e il 25% non ha un’idea in proposito. Gli elettori del centrodestra mostrano una maggiore propensione, rispetto a quelli del centrosinistra e del M5S, a giustificare l’attacco Usa che ha portato alla morte di Soleimani e una minore attitudine a privilegiare un ruolo neutrale per il nostro Paese.
Passando alla complessa situazione libica, l’Italia sembra essere oggi in secondo piano nelle relazioni internazionali con le fazioni in conflitto e il ruolo secondario viene attribuito più agli errori commessi dai nostri ultimi governi (la pensa così il 41%) che alla maggior determinazione degli altri Paesi intervenuti in Libia negli ultimi anni (25%), mentre il 34% non è in grado di rispondere. Insomma, gli elettori pensano che siano responsabili i governi precedenti, soprattutto quelli guidati dagli avversari politici, altrimenti non ci spiegheremmo perché questa opinione prevalga indistintamente tra tutti gli elettorati.
Venti di guerra
Sei intervistati su dieci ritengono che il rischio di un conflitto
tra Usa e Iran sia reale
Quanto alle aspettative future, secondo il 43% l’Italia dovrebbe rimanere defilata mentre per il 38% dovrebbe fare di tutto per tornare ad essere un interlocutore privilegiato delle forze che si confrontano in Libia. È interessante osservare che gli elettori delle due principali forze della maggioranza si esprimono in modo assai diverso: il 60% dei Dem auspica un ruolo di primo piano, mentre il 62% dei pentastellati preferirebbe rimanere distante. E anche l’opposizione appare divisa: tra i leghisti prevale sia pure di poco (49%) il desiderio di maggiore protagonismo, mentre la maggioranza degli elettori di Forza Italia e Fratelli d’Italia (54%) è di parere opposto.
Da ultimo, l’Unione europea, da molti accusata di essere la grande assente nelle vicende di politica internazionale. Le opinioni degli italiani sono molto divise riguardo al ruolo che l’Ue dovrebbe avere: il 39% ritiene che debba mantenere una posizione distaccata, rimanendo neutrale in caso di conflitti; al contrario il 38% reclama un ruolo maggiormente attivo che non escluda un impegno militare. Anche in questo caso le opinioni degli elettori dei due principali alleati di governo risultano diametralmente opposte: mentre il 57% dei Dem si aspetta un ruolo più attivo dell’Ue, il 59% dei pentastellati la pensa diversamente, e tra gli elettori del centrodestra le sue opinioni sostanzialmente si equivalgono.
Dunque, le reazioni degli italiani ai fatti degli ultimi giorni sono perlopiù improntate a una prevedibile preoccupazione e alla tradizionale prudenza. Sono sentimenti acuiti dalla crescente difficoltà di comprensione delle vicende internazionali: infatti il mondo è sempre più multipolare e interconnesso, lo scenario geopolitico ha visto affermarsi nuove realtà e nuovi leader, si sono ridefiniti i rapporti di forza e le alleanze tra i Paesi. I cittadini faticano a comprendere tutto ciò e a schierarsi. Ed è diffusa la tentazione di tenersene fuori.