Corriere della Sera, 11 gennaio 2020
L’Italia, partner dell’Iran da 4 miliardi
Un partner economico con il quale è sempre più difficile fare affari, l’Iran. Eppure l’Italia avrebbe le carte in regola e l’interesse – per le produzioni da esportare e il petrolio da importare – a firmare contratti con Teheran. Da ieri però le nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti, dopo il bombardamento iraniano delle basi Usa in Iraq in risposta all’uccisione del generale Qasem Soleimani, incideranno ancora di più su rapporti già indeboliti da anni e che neanche la pausa del 2015-2018 frutto dell’accordo sul nucleare aveva rinsaldato davvero negli scambi.
Se nel 2017 – secondo i dati dell’ambasciata italiana in Iran – l’interscambio Italia-Iran aveva raggiunto quota 5,1 miliardi di euro (facendo di Roma il primo partner europeo), già nel 2018 era sceso a 4,6 miliardi. Nel 2019, per effetto del ritorno delle sanzioni Usa in più fasi a partire da metà 2018, la stima è di una «sensibile contrazione». La stretta imposta adesso dall’amministrazione di Donald Trump non farà che rendere ancora più difficile le deboli relazioni economiche.
L’occasione perduta«Alla rincorsa del tempo perduto», era il titolo di un report della Sace – la società della Cdp che si occupa dell’internazionalizzazione delle imprese attraverso l’assistenza finanziaria e assicurativa – del novembre 2015, quando la fine delle sanzioni dopo l’accordo sul nucleare aveva fatto sperare in un’impennata nelle relazioni commerciali. Senza le sanzioni, stimava Sace, l’Italia avrebbe potuto cumulare maggiori esportazioni per circa 17 miliardi di euro nel periodo 2006-2018. Ma la realtà si è rivelata più difficile di quanto prevedevano gli analisti. Se le attese per il 2018 erano di un export verso l’Iran pari a 2,5 miliardi di euro, il conteggio finale si è fermato a soli 1,7 miliardi. Per il 2019 è stimato in calo di oltre un quarto, a 1,2 miliardi. Agli iraniani le nostre imprese, in buona parte pmi vendono soprattutto meccanica strumentale (61%), poi chimica (10%), apparecchi elettrici (9%), metalli (4%), gomma e plastica (3%). Ma sempre meno. La verità è che società italiane che fanno affari con l’Iran non ne sono rimaste tante. L’Eni non c’è più da tempo, e il petrolio era la principale fonte di importazione, con una quota del 12,5% del fabbisogno italiano acquistato all’estero. In totale nel 2018 l’import dall’Iran valeva 2,8 miliardi di euro, ed era già in contrazione del 13%.
Lavorare con l’Iran è diventato sostanzialmente impossibile o quasi, spiega un manager che ha avuto relazioni con Teheran. Di fatto il Paese è isolato finanziariamente.
Il denaro non circolaIl sistema di interscambio tra banche Swift non funziona e i tentativi di mettere in piedi un sistema alternativo non hanno avuto successo. Di conseguenza i pagamenti avvengono con difficoltà o devono essere conclusi attraverso triangolazioni con Paesi terzi come Cipro o Dubai, con rischi significativi tali da scoraggiare iniziative imprenditoriali per timore di ritorsioni sul mercato degli Stati Uniti. Insomma, con effetti extraterritoriali effettivi per chi vuole mantenere buoni rapporti con gli Usa. È questo lo scopo vero delle sanzioni: isolare economicamente un Paese, al di là di quanto prevedano le singole sanzioni, che ieri hanno colpito individui e entità operanti nel settori delle costruzioni, del manifatturiero, del tessile e del minerario come acciaio e alluminio.
Eppure nel 2016 le speranze sulla riapertura del l’Iran erano grandi. A gennaio era venuto a Roma il presidente iraniano Hassan Rouhani. Ad aprile l’allora premier Matteo Renzi aveva organizzato un’imponente missione economica a Teheran, primo leader europeo a volare in Iran dopo l’accordo sul nucleare. Tra intese e memorandum of understanding – come quello siglato dalle Ferrovie per costruire alcune linee di Alta velocità nel Paese, che da solo vale 1,25 miliardi di euro – il volume potenziale di affari era stimato tra i 18 e i 30 miliardi di euro. Ma la svolta vera non c’è mai stata. E dopo le prime sanzioni di Trump, le imprese hanno scelto la cautela. Teheran può attendere, ancora.