il Fatto Quotidiano, 10 gennaio 2020
Altro che assolto, Alfonso Papa è prescritto
Se all’epoca dei fatti fosse stata in vigore la riforma Bonafede – e stiamo parlando di circa 10 anni fa – che ferma la clessidra della prescrizione alla sentenza di primo grado, la millantata assoluzione in secondo grado nel processo P4 di Alfonso Papa sarebbe stata invece una condanna. E non la prescrizione che in effetti è stata. E non ci sarebbe stata la fake news dell’assoluzione annunciata al mondo tramite lanci di agenzia AdnKronos, che riportavano le dichiarazioni dell’ex pm di Napoli ed ex deputato Pdl autoproclamatosi vittima di malagiustizia, ricordando il clamoroso arresto che subì nel 2011 da parlamentare in carica.
A ribadirci la verità ci hanno pensato le 46 pagine di motivazioni che la seconda sezione della Corte d’Appello di Napoli ha depositato poco prima di Natale. Spiegano il dispositivo letto in aula il 25 settembre dal presidente Vincenzo Alabiso che ha cancellato la condanna a 4 anni e 6 mesi di Papa in primo grado, dichiarando l’estinzione per prescrizione di alcuni reati nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta “centrale del ricatto” di Papa e altri indagati tra cui Luigi Bisignani, che patteggiò 19 mesi.
La sentenza ha confermato per l’ex pm, difeso dagli avvocati Carlo Di Casola e Giuseppe D’Alise, l’assoluzione piena da altre imputazioni. Più altre prescrizioni maturate in un lungo processo nel corso del quale, secondo la procura, Papa avrebbe avuto “un comportamento ostruzionistico e dilatorio”. La prescrizione almeno in un caso è arrivata in extremis, nel giugno 2019. Tre mesi prima del verdetto.
Si tratta dell’accusa di 319 quater, induzione indebita, contestata a Papa ai danni di Alfonso Gallo, un imprenditore delle centrali elettriche. Così era stata riformulata l’originaria imputazione di concussione, scritta dai pm Francesco Curcio ed Henry John Woodcock, sui rapporti tra il parlamentare e l’uomo d’affari, che ha ritirato in appello la costituzione di parte civile.
I giudici la riassumono così: Papa, grazie a notizie riservate ottenute anche da un carabiniere, prospettando un coinvolgimento di Gallo in inchieste giudiziarie, si propose come colui che poteva risolvergli i problemi, “il tutto finalizzato al conseguimento di alcune utilità: un orologio Cartier, soggiorni in albergo di lusso e la stipula di un contratto di consulenza fittizio” per un’amica dell’imputato. Gallo acconsentì, versò anche 6.000 euro a un’associazione di Papa e gli elementi raccolti nel processo, tra cui le dichiarazioni dei testi, le ricevute dei versamenti e le copie dei contratti “hanno pertanto provato senza alcun dubbio il rapporto sinallagmatico insorto tra Gallo e Papa determinato dalla posizione di supremazia di quest’ultimo e l’accondiscendenza del primo che si risolveva nella dazione delle controprestazioni”.
La Corte colloca l’inizio della sudditanza al 2009. È l’anno in cui Gallo avrebbe ricevuto rassicurazioni da Papa sulla società Luminosa e i progetti di Fortore. “Per il favor rei, non essendoci una data precisa, il reato non può che collocarsi al gennaio 2009”.
Dunque “risulta estinto per intervenuta prescrizione alla data del giugno 2019 (comprese le sospensioni per un totale di mesi 6 e giorni 25)”. Altro che assoluzione.