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 2020  gennaio 10 Venerdì calendario

Quando l’artista non ci mette la faccia

Salinger, Kubrick, Banksy, i Daft Punk, Mina: «Qual è l’invisibile filo rosso che unisce tutte queste figure che sono le più importanti nei loro rispettivi campi? Nessuno di loro si fa vedere. Nessuno di loro si lascia fotografare». Sorrentino mette queste parole in bocca a Jude Law, The New Pope e fotografa così il grande (forse solo apparente) paradosso della società dell’immagine, portato all’estremo nell’era dei social: l’anonimato rende liberi. Di più: l’anonimato, quando tutti hanno una vetrina per mettersi in mostra, rende famosi.
E se l’anonimato ribaltasse anche i giudizi del pubblico? In fondo è questa la scommessa del nuovo talent di Rai 1 in onda da questa sera, Il cantante mascherato. I protagonisti del talent show sono otto celebrità, ma nessuno lo sa: si esibiscono camuffati, irriconoscibili. E la loro reale identità viene svelata solo al momento dell’eliminazione. Giocare a riconoscerli è solo una parte del divertimento: sarà molto più interessante capire se il giudizio del pubblico ignaro delle reali identità premierà i meno acclamati per eliminare nomi illustri. Una specie di gioco della verità, ma di personaggi famosi e affermati si parla. 
Il fenomeno che invece sembra in larga crescita è quello dei cantanti che del non svelare l’identità ne fanno un tratto distintivo. Al prossimo Festival di Sanremo approderà Junior Cally, un rapper da sempre nascosto dietro una maschera antigas (tranne che nell’ultimo videoclip Ricercato). È in gara con il brano No grazie, annunciato da Amadeus nello speciale dei Soliti ignoti: occasione in cui Junior Cally si è presentato di nuovo mascherato. Ma è solo l’ultimo di una serie di più o meno illustri sconosciuti della musica.
«Abbiamo cercato di nasconderci, di proporre altro attraverso i robot. Vogliamo avere una vita regolare, interagendo con le persone ogni giorno, prendere la metro, comprare il pane. Facciamo tesoro del poterci comportare normalmente, rimanere anonimi», così Guy Manuel de Homem-Christo in un’intervista a R101aveva spiegato la scelta dei robot più famosi dell’elettronica, i Daft Punk, di non mostrarsi e andare alla consolle mascherati. Più ardito, visionario e provocatorio il progetto del piccolo genio dei Blur Damon Albarn con i suoi Gorillaz, creati con il fumettista Jamie Hewlett: con loro nel 1998 nasceva la prima band di animazione al mondo, e a suonare erano dei cartoon.
In Italia, il rapper incappucciato Liberato diventa un caso che fa scattare una caccia all’uomo per svelarne l’identità (tuttora misteriosa), pari quasi a quella scatenata dalla scrittrice Elena Ferrante. In cima alle classifiche a fine 2019 con Le ragazze di Porta Venezia, la rapper Myss Keta nasconde il suo volto dietro a un paio di occhiali da sole neri e un foulard triangolare su naso e bocca. Di lei non si conoscono nome, età e connotati: su Internet qualcuno ha pubblicato delle sue fotografie rubate dal backstage ed è scattato il cosiddetto body shaming: gli hater sui social l’hanno presa di mira per l’aspetto fisico. 
Tha Supreme – nella vita Davide Mattei –, è invece un rapper di diciott’anni che si presenta in formato cartoon in videoclip e con un avatar a mo’ di ologramma quando canta dal vivo, come quando ha presentato il singolo blun7 a swishland alla semifinale di X Factor. Il suo primo album 23 6451 è il secondo disco italiano più ascoltato in streaming in un solo giorno di sempre.