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 2020  gennaio 10 Venerdì calendario

I 60 anni di Tutto il calcio minuti per minuto

L’Italia multimediale nacque una domenica di 60 anni fa, il 10 gennaio, alle 15.15. Erano appena finiti i primi tempi di Serie A, la Juve stava pareggiando 0-0 a San Siro contro il Milan. Era la partita di cartello, che i bianconeri avrebbero vinto 2-0, reti di Stacchini e Cervato. Nicolò Carosio era pronto a raccontare i secondi 45 minuti, come gli era successo ogni domenica negli ultimi 26 anni.
Ma quel pomeriggio comparve una nuova soluzione tecnologica: il coinvolgimento di altri campi. Un esperimento in vista delle ormai imminenti Olimpiadi di Roma. Si cercava la “trasmissione multipla a microfono aperto”, una diavoleria che l’ideatore – il raffinato Guglielmo Moretti – aveva osservato nei suoi anni vissuti in Francia, seguendo da Parigi la trasmissione Sports et Musique, che già metteva in circuito i campi del rugby. Per l’Italia fu invece una novità assoluta. A Enrico Ameri, che avrebbe poi scritto la storia della trasmissione con l’amico-nemico Sandro Ciotti, toccò Roma-Vicenza, a Piero Pasini Bologna-Napoli, ad Amerigo Gomez Fiorentina-Samp, a Nico Sapio Genoa-Spal. Nel tempo sarebbero cresciuti i collegamenti, così come – dopo un accordo tra la Lega Calcio e il pool sportivo della radio rappresentato da Gilberto Evangelisti e da Mario Giobbe – con Domenica Sport si sarebbe giunti a trasmettere i primi tempi, fin lì esclusi per la preoccupazione di portare via pubblico dagli stadi.
A coordinare i radiocronisti Roberto Bortoluzzi, uno dei tre padri fondatori della più longeva trasmissione radiofonica italiana. Con lui il citato Moretti e Sergio Zavoli, campione del racconto sportivo, inventore del mitologico Processo alla tappa due anni dopo. Dall’auditorio del giornale Rai della sede di Milano, in corso Sempione, Bortoluzzi diede il via alle danze pochi minuti prima della ripresa del gioco, in modo da riassumere quanto avvenuto sino all’intervallo. Un ruolo, quello di conduttore/regista, mantenuto da Bortoluzzi per 26 anni e ricoperto nel corso di questi 60 anni da Massimo De Luca, Alfredo Provenzali e, dal 2012, Filippo Corsini. Stop.
Il 10 gennaio 1960 non c’era ancora l’interruzione, vero segreto del format: non si poteva dunque sentire il celeberrimo “Scusa Ciotti, scusa Ameri” che segnò le abitudini di intere generazioni. L’Italia notarile, un po’ grigia e democristiana, chiusa nella grisaglia del presidente del Consiglio Antonio Segni e non esposta ai selfie di oggi, si accese attorno ai racconti palpitanti, 2 o 3 minuti per stadio, che permettevano di aggiornare in tempo reale la classifica e la schedina del Totocalcio.
L’ultimo, gigantesco impulso al successo della trasmissione arrivò dalla vendita dei transistor, nati in America e prodotti principalmente in Giappone, sebbene qualche azienda italiana avesse nel frattempo deciso di buttarsi sul mercato. «È il momento delle radio a transistor» scriveva in quei giorni il RadioCorriereTv, «sono diventate il regalo di moda». Costo dalle 15 alle 17 mila lire, non poco per l’epoca, quasi un quarto di uno stipendio medio. Ma nessun padre di famiglia poteva rinunciare a quella spesa, che si sarebbe in realtà abbassata moltissimo negli anni, obbligando spesso moglie e figli a vedersi rovinate le domeniche di gita da quello strano oggetto e dalle voci dei radiocronisti che vi scorrevano dentro. Il nome di molti di loro è storia: Ciotti e Ameri, Ferretti e Luzzi, Dotto e Raffa, Forma e Gentili, fino a Cucchi e Repice. Un elenco lungo e nobile, diventato familiare.
Al di là della sua influenza sul modo di narrare, un modello non a caso mutuato dalle dirette-gol delle pay televisive nel nuovo millennio, Tutto il calcio anche oggi ristretto dallo spezzatino resta un feticcio nostalgico per la generazione degli “anta”, pronta a tirare fuori lo smartphone, al posto del transistor, per qualche attimo di magia.