Il Messaggero, 10 gennaio 2020
Maurizio Serra primo italiano all’Académie Française
Trionfa a Parigi Maurizio Serra, lo scrittore e diplomatico che ha vissuto due carriere parallele, ambasciatore a Mosca, all’Unesco, all’Onu, e autore di libri sulla cultura del XX secolo. È il primo italiano eletto all’Académie Française, al primo turno, con 17 voti a favore, 2 schede bianche, 4 nulle e un solo voto contrario. Ed entrerà nel ristretto club dei 40 immortali fondato nel 1635 dal cardinale Richelieu, sedendo nella tredicesima poltrona, che era quella di Racine, al posto di Simone Weil, l’ex ministro di Valéry Giscard d’Estaing, scomparsa nel 2017. È un bel riconoscimento per un italiano francofilo e cosmopolita da sempre attento a ricostruire la genealogia del mondo in cui viviamo, sondandone le zone più insondabili, per restituire la mappa delle faglie e degli smottamenti che attraversano tutto il Novecento, riversandosi nella crisi della democrazia, nei totalitarismi e nella decadenza della civiltà europea tra le due guerre.
LE OPERE
I francesi che conoscono la sua opera, a cominciare dal saggio sui vinti della storia come Drieu la Rochelle, Aragon e Malraux (Premio Aqui Storia 2008), hanno un debole per il suo stile vieux jeu, che unisce il gusto del realpolitiker alla duttilità del letterato, in grado di animare cenacoli mondani e dedicare lunghe notti iai documenti d’archivio.
I PREMI
In francese, Maurizio Serra ha scritto la biografia di Curzio Malaparte, pubblicata da Grasset nel 2011, e tradotta in italiano da Marsilio, con cui ha vinto nel 2012 il Goncourt della biografia e il Premio Casanova. È il racconto della vita da romanzo di un immenso scrittore a torto dimenticato, il quale, pur essendo un dandy esibizionista e un po’ mitomane, resta pur sempre un faro nella cultura italiana, in cui rivive il mito dannunziano e si radica la poesia civile di Pasolini. Due anni dopo, sempre per Grasset ha scritto Italo Svevo ou l’Antivie, (uscito in italiano da Aragno nel 2017) che è un ritratto di Ettore Schmitz, l’altro scrittore cosmopolita, nato mitteleuropeo e però italiano di cuore, che scriveva per dimenticare la sua vita. Nel 2015 ha pubblicato da Seuil un saggio sui poeti guerrieri tra le due guerre, Une génération perdue. Les poètes guerriers dans l’Europe des années 1930, dedicato agli esteti dannunziani come Maurice Barrès, Ernst Jünger, T.E. Lawrence, Stephen Spender, W.H.Auden, Klaus Mann e René Crevel, che cedettero alla tentazione dell’assoluto, scivolando verso l’autodistruzione, per testimoniare la modernità come rottura.
D’ANNUNZIO
E due anni fa, sempre in francese, è uscito l’ultimo capitolo della trilogia dedicato alla biografia di D’annunzio l’imaginifico (Dannunzio, le magnifique) pubblicato nel 2018 da Grasset, con cui ha vinto il Premio Chateaubriand, e tradotto da Angelo Folin per Neri Pozza nel 2019) in cui restituisce la verità di un poeta dell’azione, che fu un cultore dell’arte totale, un principe dell’avventura e il precursore di altri scrittori dalla vita inimitabile come Malraux e Romain Gary.