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 2019  dicembre 03 Martedì calendario

A New York boom di reati minori

C’è un paradosso, a New York. Da una parte, le statistiche dicono che gli omicidi sono in calo, al punto che il 2019 potrebbe far registrare il numero più basso di persone uccise nella città dal 1950. Dall’altra però, almeno secondo il «New York Post», tra la gente cresce la percezione di una diffusa insicurezza in aumento. Soprattutto a causa dei piccoli crimini, che sembrano niente, ma poi hanno un forte impatto diretto sulle persone e determinano come si sentono e come votano. Alla stessa maniera dell’Italia, per certi versi, e di parecchi altri Paesi occidentali, dove magari le statistiche dicono che tutto va bene, ma poi gli elettori votano i partiti sovranisti e populisti.
I numeri darebbero ragione al sindaco de Blasio. Al 30 giugno del 2019, il Dipartimento di polizia aveva registrato 135 omicidi, contro i 156 del 2018. Nella seconda metà dell’anno c’è stata un’accelerazione per gli scontri fra le gang, con 267 persone uccise, ma con un po’ di fortuna al termine del 2019 la città potrebbe ancora contare il livello più basso di vittime dalle 242 del 1950. Peraltro i record precedenti sono avvenuti comunque sotto de Blasio, che quindi almeno su questo punto non sta sbagliando linea. In generale, il Dipartimento di Polizia a metà anno aveva registrato 43.294 crimini gravi, che oltre ai morti includono stupri, rapine, furti, in calo del 5,4% rispetto ai 45.764 reati avvenuti nello tempo del 2018. Le sparatorie invece sono aumentate del 4,7%, anche se hanno fatto meno vittime. Ma a pesare sulla percezione di insicurezza c’è anche la riforma sulle cauzioni, che potrebbe entrare in vigore il 1° gennaio, con cui circa 900 detenuti nelle carceri cittadine potrebbero essere rilasciati.
L’allarme
Il «New York Post» però ha lanciato l’allarme, scrivendo che le statistiche non raccontano tutta la realtà. Prima di tutto, perché Nypd ha smesso di contare con attenzione i reati minori, che invece sono in crescita, e sommati a quelli più gravi dipingono un quadro diverso nella città. Poi perché questi piccoli crimini, come ad esempio quelli che avvengono nella metropolitana, hanno un impatto molto diretto sugli abitanti, e quindi diffondo la percezione di una maggiore insicurezza, nonostante omicidi e rapine stiano diminuendo da anni.
Il problema secondo il «New York Post» è grave, perché potrebbe preludere ad una nuova ondata di criminalità più seria. Quando nel 1994 Rudy Giuliani era diventato sindaco di New York, i numeri erano assai più drammatici. Lui aveva sposato la teoria dei «vetri rotti», introdotta dagli studiosi James Wilson e George Kelling, secondo cui se si lasciano correre i reati minori, il risultato alla lunga è aprire la porta a quelli maggiori. La gente vede che non viene punita, se non paga il biglietto della metro o dipinge graffiti, e quindi si sente incoraggiata a violare sempre di più le regole. Quindi Giuliani si era concentrato sulla microcriminalità, ottenendo il risultato di ridurre anche la delinquenza più grave. I suoi critici lo avevano accusato di aver esagerato, usando casi come gli abusi della polizia contro Abner Louima o l’uccisione di Amadou Diallo, ma il successore Bloomberg aveva proseguito sulla stessa falsariga, ad esempio adottando la politica di «stop and frisk», ossia le perquisizioni in strada viste come una persecuzione delle minoranze nera e latina. De Blasio ha cambiato linea, e i conservatori lo hanno accusato di mettere a rischio la sicurezza della città. Da qui forse nasce l’attacco del Post, che appartiene alla catena Murdoch e lo ha sempre criticato. Il sindaco si è ritirato dalla campagna presidenziale, mentre Bloomberg era sulla sua poltrona troppi anni fa, per considerarlo responsabile di quanto avviene oggi. L’articolo però difende Giuliani, oggi sotto inchiesta per il ruolo svolto come avvocato di Trump in Ucraina. Non resta quindi che aspettare le ultime statistiche, e vedere la reazione dei cittadini alle urne, per capire chi ha ragione.