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 2019  novembre 12 Martedì calendario

Riapre il Camparino di Milano

All’entrata della Galleria c’è la solita folla di gente e il via vai dei turisti. Piove. Sotto la superficie c’è, invece, un reticolo di stanze legate da cuniculi. Un pezzo invisibile di Milano. Vi si accede scendendo due rampe di scale. Un tempo, dice la guida, erano magazzini. Adesso tutto è cambiato. Ferve l’attività: merci che vengono spostate, chef in divisa, barman vestiti di nero. Il tempo è pronto per la grande inaugurazione: giovedì riapre al pubblico lo storico Camparino in Galleria, il bar simbolo dell’aperitivo milanese, dopo un lungo restyling. Anche se sarebbe riduttivo definirlo solo come bar dell’aperitivo. «Oggi rinasce come locale d’avanguardia», ha commentato Bob Kunze-Concewitz, Ceo del gruppo Campari. La sua storia è centenaria. Fu aperto da Davide Campari nel 1915, cinque anni dopo la firma del primo manifesto della pittura Futurista.
Risaliamo la scala. Piano terra. «Prego». La guida spalanca una porta. Tutto è esattamente come all’inizio del novecento. Il bancone enorme di legno massiccio creato dall’ebanista Eugenio Quarti, dove si miscelavano con sapienza seltz e Campari, l’enorme mosaico floreale del pittore Angelo d’Andrea e in alto i lampadari di Alessandro Mazzucotelli, il «mago del ferro», esponente del Liberty italiano. Il restauro ha ridato luce all’antico locale. Non ne ha intaccato l’atmosfera.
La storia ebbe inizio nel 1867. Gaspare Campari, l’inventore del liquore rosso, si era trasferito con tutta la famiglia nella Galleria Vittorio Emanuele II. Aveva aperto un ristorante, il Caffè Campari, con vista sul Duomo. Al piano di sopra c’era l’abitazione. Nello stesso anno nacque Davide. Quando Gaspare lasciò il testimone ai figli, Milano stava cambiando. Ciminiere delle fabbriche che si alzavano e arredavano le periferie, auto e tram per le strade al posto dei cavalli. Davide intuì lo spirito dei tempi. Era amico di Tommaso Marinetti e dei Futuristi. Creò il Camparino, simbolo di una città dinamica che mescolava politici, artisti e uomini d’affari. Arrigo Boito e Marinetti si incontravano lì.
A Fortunato Depero, Davide commissionò l’ideazione della bottiglietta conica a forma di calice rovesciato, per contenere il primo aperitivo monodose. Morì nel 1937. Dopo la guerra il locale passò nelle mani della famiglia Miano. Un anno fa è ritornato alla gestione del gruppo Campari. Che ora apre le porte anche alla cucina dello chef Oldani. Nel sottosuolo gli addetti alla pulizia sono ai dettagli. Mancano poche ora alla riapertura di un simbolo di Milano.