Robinson, 9 novembre 2019
Elogio di Fabio Volo (senza leggerlo)
Per me Fabio Volo è un tipo realmente notevole. Lo compresi definitivamente quella mattina di tanti anni fa in cui si prese la fatica e il gusto di richiamare in diretta un tizio che gli aveva dato del comunista via sms. Ascoltare le balbuzie di quel sovranista ante litteram, che al momento credo stia decidendosi tra Lega, Fratelli d’Italia o Ku Klux Klan, percepirne il vuoto cosmico nel quale qualcuno finalmente osava immergersi, godere del suo disagio espressivo elevato a potenza dalla gogna radiofonica, mi procurò un piacere così intenso che neanche quando si scoprì che i Pooh tornavano insieme. Gli ho visto fare cose generosissime e insensate, inseguendo ciò che l’italiano medio schifa: studiare. Ne ho seguito l’ansia di migliorarsi. Ho avuto modo di testimoniarne il dolore sincero per come l’establishment culturale ne schifava le prodezze nelle librerie. In due parole: lo stimo e lo rispetto. Proprio per questo, per mantenere l’attitudine gioiosa e irredimibile che provo per lui, destinerò anche a questa sua nuova fatica letteraria lo stesso trattamento che riservai ai precedenti romanzi persino nel breve periodo in cui lavorammo insieme: ne parlo bene senza averlo letto. Anche perché potrei indicarvi almeno 12 libri italiani usciti quest’anno che tutti elogiano ma sono sicuramente molto peggio. Ad esempio INTERVENTO CENSORIO DELL’EDITORE.