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 2019  novembre 09 Sabato calendario

Bloomberg candidato, è già bufera

A giudicare dall’accoglienza, Michael Bloomberg è temuto nella stessa misura dai conservatori e dai progressisti radical. L’imprenditore, l’ex sindaco di New York, l’undicesimo uomo più ricco del mondo si starebbe preparando a candidarsi nelle primarie democratiche per la nomination nella corsa alla Casa Bianca. 
Nella notte italiana non è ancora arrivato l’annuncio ufficiale, anche se il settantasettenne uomo d’affari si è iscritto ieri sera nelle liste dell’Alabama e anche in quelle del Michigan, prime scadenze burocratiche per le elezioni del 2020.
Donald Trump, parlando con i giornalisti, ha rispolverato per l’occasione l’aggettivo «little» affibbiato a Marco Rubio nelle primarie repubblicane del 2016: «Bloomberg è diventato un signor nessuno. Non ha certo il tocco magico per fare bene, “little Michael” fallirà, danneggiando solo Joe Biden. Spenderà un sacco di soldi per nulla».
«The Donald» e «Michael» si detestano apertamente: uno scontro personale, prima ancora che politico. Nella convention democratica del 2016 Bloomberg disse, riferendosi a Trump: «Vengo da New York e so come riconoscere un imbroglione». 
In realtà il primo problema di Bloomberg sarebbe come farsi largo nel partito democratico. La reazione di Bernie Sanders è ancora più sprezzante di quella trumpiana: «È un miliardario che crede di poter comprare le elezioni»; Elizabeth Warren gli ha riservato un tweet sarcastico di benvenuto, presentandogli il calcolo delle imposte che dovrebbe pagare se passasse la riforma fiscale da lei proposta: circa 3 miliardi di dollari su un patrimonio stimato in 52 miliardi da Forbes. 
Ma la dinamica tra i progressisti è in piena evoluzione. A Washington la sensazione dominante è di attesa, di studio. Forse Michael Bloomberg aveva già tutto pronto, oppure, si sarebbe deciso dopo aver visto i risultati del Kentucky. Il democratico Andy Beshear ha battuto il governatore in carica Matt Bevin conquistando le aree suburbane con un messaggio moderato. Il comitato elettorale di Joe Biden ha provato a intestarsi la vittoria.
I sondaggi, però, indicano che l’ex vice presidente sta faticando proprio in contesti simili negli «swing States», dal Michigan alla Florida, dalla Pennsylvania al Wisconsin. Conclusione di Bloomberg: c’è ancora spazio politico per una piattaforma centrista, ma Biden non è in grado di occuparlo. 
C’è un’altra notazione. Il consenso per la sinistra complessivamente cresce, ma il fronte è spaccato. Il dualismo Sanders-Warren, nonostante gli attestati di amicizia reciproca, non è componibile. Nessuno dei due farà un passo indietro e per Bloomberg potrebbero liberarsi altri margini.