Tuttolibri, 9 novembre 2019
Il capitalismo e gli squali di Damien Hirst
Nel 1991, nelle acque australiane, venne catturato uno squalo tigre di quattro metri e mezzo. Lo squalo fu spedito a Londra via mare. Giunto a Londra, venne tassidermizzato e immerso in una teca di vetro riempita di formaldeide. L’insolito oggetto venne esposto per la prima volta nel 1992 nella galleria londinese di Charles Saatchi, magnate della pubblicità e collezionista d’arte, che aveva commissionato l’opera all’artista Damien Hirst per 50.000 sterline. La cifra sembrò spropositata per un’opera di cui si faceva fatica a capire il valore artistico. Ma non era nulla a confronto dei 12 milioni di dollari che furono pagati da Steve Cohen, super ricco hedge-fund manager del Connecticut, per aggiungere alla sua collezione di opere d’arte la teca di due tonnellate con lo squalo in formaldeide intitolata The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living.
Simili follie si pensa possano accadere solo nel mondo dell’arte contemporanea. La realtà in cui viviamo è, però, più complessa e ricca di costosissimi «squali» di quanto si possa immaginare. Il capitalismo ha infatti dovuto inventare nuovi dispositivi economici per creare profitto, modificando così il mondo in cui viviamo. A partire dall’ultimo quarto del XX secolo all’economia industriale si è affiancato un nuovo dispositivo economico: l’economia dell’arricchimento, che prevede nuove modalità di creazione di valore di cui l’arte contemporanea è un esempio perfetto.
E’ questa, in estrema sintesi, la tesi al cuore del nuovo, ponderoso libro di Luc Boltanski e Arnaud Esquerre, Arricchimento. Una critica della merce, appena tradotto in italiano per i tipi del Mulino. Il passaggio da un’economia industriale a un’economia dell’arricchimento è esemplificato dai due autori attraverso un famoso edificio di Torino: «Questo genere di mutazione profonda è perfettamente incarnato da un edificio di Torino. Nel quartiere del Lingotto si trova quella che è stata la grande fabbrica di automobili della Fiat, aperta nel 1922. Chiuso nel 1982, il complesso è stato riconvertito in un centro commerciale con alberghi, ristoranti e un centro congressi. Al vertice di quello che è stato uno dei luoghi emblematici del mondo operaio è stata costruita da Renzo Piano, che ha progettato numerosi musei tra cui il Centre Pompidou a Parigi, la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, inaugurata nel 2002. In questa bianca e aerea galleria ci si accalca ora per ammirare la collezione di quadri dell’ex proprietario della Fiat».
Il volume di Boltanski e Esquerre chiarisce fin da subito il doppio valore del termine chiave «arricchimento»: esso definisce le operazioni che accrescono il valore degli oggetti su cui si basa l’omonima economia e, al contempo, indica che tali oggetti sono destinati ai ricchi. Ma in che cosa consiste l’operazione di arricchimento e a quali cose si applica? Con l’economia dell’arricchimento siamo in un campo in cui il valore della merce viene creato in modo privilegiato da un «dispositivo narrativo» applicato a settori quali: arte, cultura, commercio di oggetti antichi, industria del lusso, turismo. In ogni caso si tratta di cose che vengono ammantate da un’aura di eccezionalità e si presentano per essere apprezzate da un’élite di ricchi e super ricchi, ma si rivolgono anche agli altri «come se fossero ricchi, o comunque più ricchi di quanto siano in realtà».
A produrre quest’aura di eccezionalità è un dispositivo narrativo in grado di associare alla descrizione della cosa l’evocazione di situazioni in cui la cosa è stata inserita, di persone che l’hanno prodotta o posseduta. Inoltre la narrazione permette di temporalizzare la cosa, rendendo così possibile un’attenzione alla sua storia, un’evocazione del suo passato.
L’economia dell’arrichimento è un’economia narrativa. Può accadere così che un oggetto filosofico-culturale come l’esistenzialismo contribuisca alla creazione del valore di un sito turistico nel cuore di Parigi: «Valorizzazione della cultura nazionale, lusso e sfruttamento turistico conoscono uno sviluppo parallelo, come testimonia per esempio il destino di Saint-Germain-des-Prés, nel centro di Parigi, che cinquant’anni fa incarnava la bohème intellettuale, mentre oggi è un centro del lusso internazionale che sfrutta la storia di questa bohème diventata famosa (l’esistenzialismo)».
Il libro offre una chiave di lettura interessante, benché non inedita, dell’economia contemporanea. Resta però un dubbio rispetto alla tesi di fondo. L’opposizione tra economia industriale ed economia dell’arricchimento non sembra così netta come vorrebbero gli Autori. Anzi, sempre più i confini tra l’una e l’altra sembrano farsi labili, decostruirsi. Anche quando compriamo merci industriali – un cellulare, un’auto, una scarpa – non le compriamo per la loro robustezza o utilità, ma per la narrazione che incorporano, per l’aura costruita attorno ad esse.