Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  novembre 08 Venerdì calendario

Trecento bambini in attesa di una famiglia

Sono trecento, sono giovani e forti e sognano una famiglia. Sono i bambini che l’Italia ha dichiarato «adottabili» sulla carta, ma che nella realtà faticano a trovare una mamma, un papà e magari una sorellina o un fratellino con cui crescere. Trecento storie senza la forza mediatica che invece, e per fortuna, ha avuto Giovannino, il neonato di quattro mesi partorito e abbandonato al Sant’Anna di Torino perché affetto da una malattia incurabile e che ora può contare, anche se lui non lo sa, su una lunga lista di persone che si sono fatte avanti per prendersene cura. Non sappiamo quanto tempo ci vorrà prima che Giovannino trovi una vera casa, ma sappiamo che nel «limbo» ci sono altri trecento «Giovannino», o forse più, di cui non si sa nulla perché se ufficialmente esiste una legge (la 149 del 2001) che ne prevede un elenco, nella realtà non esiste. O meglio, i 49 enti che in Italia sono autorizzati a seguire le coppie nelle adozioni internazionali (nei cui elenchi ci sono migliaia di bambini) non ne sono a conoscenza. «Ma come», si chiede Marco Griffini, presidente di Ai.Bi.-Amici dei Bambini, 3.600 adozioni spalmate su 36 anni di attività, «in Italia ci sono 3mila coppie in lista d’attesa per un’adozione e magari qualcuno di questi bambini potrebbe trovare una famiglia. Se ci fosse la possibilità di accedere alla lista da parte degli enti, l’elenco dimagrirebbe». Invece niente. Dal Dipartimento Giustizia Minorile del ministero competente, quello di Grazia e Giustizia, il «nulla». E non si sa perché. Si sa, però, che quella delle adozioni, nonostante la delicatezza dell’argomento, sembra la «cenerentola» in salsa italiana. Corredata, tanto per non farsi mancare nulla, anche dal taglio in Finanziaria di due milioni di euro (da 25 a 23) di fondi per le adozioni internazionali. Come dire che l’interesse nei confronti dei bambini abbandonati va via via scemando. E, giusto per innervosirsi un po’ di più, basti pensare che i 29 Tribunali dei Minori che ci sono in Italia hanno impiegato sedici anni (16, proprio così) per «mettersi» in rete e dialogare tra di loro. Il tutto mentre i bambini adottabili crescono, dividendosi tra case famiglia e comunità educative. Allora, «perché non aiutare questi genitori adottivi?», perché non aiutare questa Italia che è sempre un passo avanti alla politica, che si dimostra sempre aperta, vogliosa di accogliere piccoli come dimostra il caso Giovannino? «Ogni volta che un bimbo viene messo in evidenza si scatena la solidarietà», osserva Griffini, «segno della nostra generosità che è unica». L’Italia, non a caso, è il Paese che ha firmato più accordi bilaterali in assoluto per le adozioni con paesi stranieri, come Russia, Cina e Perù per citarne alcuni, i quali hanno capito che noi accettino anche i senza famiglia con difficoltà di apprendimento o problemi fisici. Mica come gli americani che sfogliano il catalogo per la scelta del pargolo... È così tanta la voglia di avere un figlio, di poter amare qualcuno, che si bada al sodo in uno Stato in cui il censimento del 2011 fotografava 5,4 milioni di coppie sposate senza figli. Un terzo di quelle con l’anello al dito.Ma i due mondi non si incontrano. «Si parla di sostegno alle famiglie, di denatalità preoccupante ma poi sui fa spending review sui bimbi abbandonati», incalza Griffini, che ne ha pure per l’Unicef. «Non ha fatto mai niente. Preferiscono lasciare i bambini dove sono. No è mai stato redatto un rapporto sullo stato d’abbandono dei bambini nel mondo. Sappiamo tutto degli animali in via d’estinzione, ma nulla dei bambini. Forse c’è un discorso culturale, è meglio lasciarli nel loro paese, magari per strada, che non in una famiglia europea», tuona. «In Congo ce ne sono otto milioni, però si dà spazio all’utero in affitto». Da qui la richiesta che l’adozione sia «concepita come un sistema di protezione dell’infanzia». Per evitare che in Italia ci siano trecento bambini che sognano una casa, migliaia di famiglie senza bambini di qua e milioni di bambini soli nelle aree più povere del mondo.