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 2019  novembre 06 Mercoledì calendario

Zimbabwe, temperature a 51°

A guardarle dall’alto attraverso gli occhi di un drone, le maestose Cascate Vittoria, al confine tra lo Zambia e lo Zimbabwe, sembrano essersi ridotte ad un rigagnolo. La grave siccità che attraversa l’Africa australe sta lasciando il segno anche su questo spettacolo della natura che attira ogni anno un milione di turisti da tutto il mondo. La principale cataratta naturale del Continente, solita riversare nel vuoto da un’altezza di 100 metri, 500 milioni di metri cubi d’acqua e, per questo, visibile fino a oltre 40 chilometri di distanza, è quasi secca. Il surriscaldamento climatico ha fatto salire le temperature fino a 51 gradi nella regione australe. Nonostante la stagione delle piogge sia iniziata, il flusso d’acqua si è ridotto a 109 metri cubi al secondo: il livello più basso dal 1995. Numeri snocciolati dalle autorità del fiume Zambesi, l’enorme affluente da cui si generano le Cascate Vittoria. 
C’è grande preoccupazione per il danno economico causato da quella che è considerata la più grave ondata di siccità degli ultimi 40 anni. La regione è una delle più sviluppate a livello turistico in tutta l’Africa, ma senza lo spettacolo delle cascate, il rischio è che la stagione non decolli, lasciando a casa migliaia di persone. Negli ultimi anni sono stati spesi centinaia di milioni di dollari, grazie ai finanziamenti cinesi, per rendere gli scali della zona accessibili anche ai grandi aeromobili. «Se non si interviene per fermare il surriscaldamento del pianeta la nostra industria turistica fallirà» ha detto Godfrey Koti, portavoce dell’Autorità del Turismo dello Zimbabwe. 
Crisi energetica
Preoccupa ancor di più l’approvvigionamento energetico. Nella zona è presente la diga di Kariba, costruita nel 1956 da un consorzio di imprese italiane, che fornisce 1.320 megawatt di elettricità sia allo Zambia che allo Zimbabwe. Da mesi è iniziato il razionamento energetico, dopo che la diga si è svuotata dell’85%, a causa dell’evaporazione di milioni di metri cubi d’acqua del fiume Zambesi, uno dei più grossi bacini idrici dell’Africa. «Stiamo valutando l’ipotesi di cessare le attività della centrale idroelettrica ed iniziare ad importare energia dai Paesi limitrofi», ha detto Mthuli Ncube, ministro delle Finanze. Un’operazione complessa dato che, anche il vicino Sudafrica, a causa del malfunzionamento di alcune centrali a carbone sta avendo frequenti blackout sulla rete. 
A soffrire sono anche gli animali che stanno soccombendo per l’assenza d’acqua e vegetazione. Nel Mana Pools National Park, eletto dall’Unesco patrimonio mondiale dell’Umanità per la sua biodiversità, sono morti disidratati 55 elefanti. I guardiaparco hanno iniziato a scavare pozzi per raccogliere acqua in profondità e cercare di alleviare le sofferenze di numerose specie. L’organizzazione Animal Welfare Zimbabwe sta distribuendo 9mila balle di fieno in tutto il parco per cercare di limitare la mattanza di elefanti, i più vulnerabili ai cambiamenti climatici.
Emergenza fame
La situazione economica dello Zimbabwe, ripiombato in una nuova crisi valutaria dopo la morte di Robert Mugabe, non aiuta ad alleviare i danni della siccità. La metà dei 14 milioni di abitanti rischia di morire di fame dato che i raccolti si sono dimezzati, anche a causa delle devastazioni del ciclone Idai dello scorso marzo. Stanno arrivando i primi soccorsi alimentari da altri Paesi africani, ma l’assenza di valuta straniera per pagare le derrate mette a serio rischio la sopravvivenza di migliaia di persone anche nei centri urbani. Il Governo ha iniziato la distribuzione di grano e ha dato il via libera all’importazione di 800mila tonnellate di alimenti basici.
Nei prossimi sei mesi, secondo le Nazioni Unite, 45 milioni di persone sono a rischio alimentare in Africa australe a causa dell’aumento delle temperature, cresciute di due gradi in più rispetto alla media globale.