la Repubblica, 6 novembre 2019
Un milione di acari nel cuscino
Se ne stanno lì, quatti quatti ad aspettare. Poi, appena la nostra pelle si desquama – e il fenomeno è frequente – loro si avventano proprio su quei detriti. In primis la forfora. Una leccornia che vede gli acari nel ruolo di predatori invisibili. E innocui, perché non possono causare infezioni. Nessun problema, allora? Certo, finché il loro famelico interesse non prende di mira i soggetti allergici. E allora sono guai.
Ma cerchiamo di fare un identikit di questi piccolissimi parassiti. Dimensioni infinitesimali, dell’ordine di 0,2 – 0,3 mm di lunghezza, che per vederli sarebbe necessaria una lente di ingrandimento 10 X. Ubiquitari, sono identificati come artropodi che privilegiano l’habitat per il loro sviluppo. Il nome tecnico degli acari è dermatofagoidi, termine che sintetizza l’attitudine a nutrirsi dei prodotti di scarto della pelle. Ma se destano interesse e preoccupazione è per la loro capacità di scatenare pericolose manifestazioni immunitarie nei soggetti predisposti. Due sono le specie imputabili di reazioni allergiche: il Dermatofagoide pteronyssinus e il Dermatofagoide farinae. Altri tipi, più raramente chiamati in causa, sono la Blomia tropicalis e l’Euglyphus maynei.
In sostanza il sistema immunitario, in presenza degli acari, viene compromesso manifestando una reazione definita sbagliata dagli specialisti. «La predisposizione familiare è un fattore determinante – premette Massimo Triggiani, ordinario di Allergologia all’università di Salerno – basta pensare che i figli di soggetti allergici hanno oltre il 50 per cento di possibilità di sviluppare la stessa allergia. In realtà, non si è allergici all’acaro come tale ma ad alcune proteine presenti nelle feci di questo animaletto». La cosa si fa complicata quando si tratta di snidarli, dove si saranno cacciati? E qui entrano in gioco le loro preferenze. Insomma, tra i posti che gli acari eleggono a domicilio abituale figurano le federe e i cuscini soprattutto di lana (in un solo cuscino se ne concentrano più di un milione), oltre che materassi, coperte, tendaggi e tappeti, proprio perché qui trovano cibo e temperatura ideali per svilupparsi. Da mangiare e da riscaldarsi. «Mentre gli individui sani non sviluppano nessuna risposta, i soggetti il cui sistema immunitario viene sollecitatonegativamente – precisa il docente – iniziano a formare anticorpi della serie IgE nei confronti delle proteine allergeniche dell’acaro. A loro volta, queste IgE si fissano sulla superficie di alcune cellule, i mastociti, presenti soprattutto nella mucosa delle vie aeree (naso e bronchi), nella cute e nell’intestino. L’incontro tra le proteine dell’acaro e le IgE sui mastociti attiva queste cellule che liberano una serie di molecole quali l’istamina, i leucotrieni e le prostaglandine che, di conseguenza, provocano i sintomi fastidiosi delle allergie».
Le forme principali di allergia causate dagli acari sono la rinite e l’asma bronchiale. La rinite è senz’altro la patologia più frequente nella nostra popolazione (un quarto degli italiani ne patisce gli effetti). La rinite allergica tra l’altro tende spesso a complicarsi e a sfociare in sinusite, otite e disturbi del sonno. L’asma bronchiale, pur essendo una patologia meno frequente (circa il 10% degli italiani), è più grave in termini di sintomi e di necessità di visite e ricoveri ospedalieri. E ancora una volta l’acaro finisce sul banco degli imputati come uno degli allergeni più temibili per lo sviluppo dell’asma, sia perché è molto diffuso sia perché è un allergene “perenne” praticamente sempre presente durante tutte le stagioni dell’anno, a differenza dei pollini e di altri allergeni. «Quelli dell’acaro, inoltre, sono di dimensioni molto piccole – precisa Triggiani – per cui oltrepassano facilmente il filtro del naso per raggiungere in grandi quantità i bronchi. Oltre alle allergie respiratorie, gli acari sono stati messi in relazione anche allo sviluppo della dermatite atopica. È una fastidiosa forma di eczema della cute caratterizzata da intenso prurito, spesso presente nei bambini». Ma il mondo delle allergie si rivela un pozzo senza fine: alcuni studi pubblicati recentemente hanno dimostrato che l’acaro produce una serie di sostanze, anche non strettamente allergeniche. «Queste sono in grado di attivare – conclude il professore – alcuni recettori presenti sia sui mastociti che sulle terminazioni nervose del prurito. In questo modo l’acaro potrebbe contribuire in maniera determinante allo sviluppo delle lesioni pruriginose sia attivando la secrezione di istamina dai mastociti sia stimolando le fibre nervose del prurito».