la Repubblica, 6 novembre 2019
Biografia di Ennio Proietti
«Ma dimmi te, anche i vecchietti si sono messi a fare rapine ora». Alcune ragazze del quartiere, saputa l’età dei rapinatori del “Caffè Europeo”, sorridono. Non sanno che l’uomo immobile in una pozza di sangue è quell’Ennio Proietti del clan dei Pesciaroli che, ai tempi d’oro della banda della Magliana, aveva terrorizzato Roma e innescato una feroce guerra fatta di omicidi e vendette. Furono due degli undici fratelli Proietti, Fernando “il Pugile” e Maurizio “il pescetto”, a uccidere il boss Franco Giuseppucci, detto “il negro”, con un colpo al fianco in piazza San Cosimato, per poi fuggire in sella a una Honda. Era il 13 settembre del 1980. Pescetto venne poi ucciso insieme a un altro fratello, Mario “palle d’oro”, l’anno successivo, mentre insieme alle famiglie rientravano a casa in via Donna Olimpia, dopo un lungo inseguimento tra i palazzi e sui tetti del quartiere, da Antonio Mancini e Marcello Colafigli della Banda. E nell’82 anche “il Pugile”, appena uscito dal carcere, venne assassinato.
Ennio ha una condanna per 416, associazione a delinquere, furti, spaccio e di sicuro il suo ruolo è minore rispetto a quello dei suoi familiari. E malgrado gli anni trascorsi nelle patrie galere, a 69 anni, era ancora in strada, arma in pugno, a rapinare attività commerciali, proprio come ieri sera, insieme al complice che lo ha ucciso.
Anche Antonelli ha un passato criminale importante. Nel 1990 anche lui, con i suoi due fratelli, viene arrestato per il tentato omicidio del maresciallo dei carabinieri Marco Coira, ferito con due colpi di rivoltella e preso a calci, il 5 gennaio, per aver tentato di impedire la rapina in un supermercato della catena “Plus”, nel quartiere Giardinetti. Cresciuto in via Palmiro Togliatti, quadrante est della città, Antonelli, allora 30enne, non esitò ad aprire il fuoco contro il comandante.
Coira, della stazione carabinieri Giardinetti, era al supermercato con la moglie, disarmato. Steso a terra e preso a calci, fu ferito all’addome e alle gambe. Antonelli e i suoi fratelli erano esperti in rapine a portavalori con la tecnica del parabrezza fracassato. Si piazzavano armati al centro della strada e aprivano il fuoco contro la camionetta. Durante la perquisizione, all’indomani del ferimento del militare, a casa di Antonelli, nelle intercapedini in corrispondenza dei soffitti, vennero ritrovati assegni e contanti per 480 milioni di lire. La maggior parte risultò essere il ricavato di una rapina proprio a un portavalori compiuta l’estate precedente a Ciampino. Fu ritrovato un vero e proprio arsenale, con una mazza ferrata e diversi giubbotti antiproiettile.
Cresciuti in una Roma criminale dove il sangue scorreva a fiumi, e dove e imporre il proprio potere attraverso armi e violenze era la quotidianità, i due in tarda età si sono messi insieme per continuare la loro “carriera” nell’unico modo che conoscevano. E ieri Proietti ha finito la sua vita nel sangue, ucciso proprio dal suo complice e amico.