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 2019  novembre 03 Domenica calendario

Il problema della plastic tax (due articoli)

Matteo Pucciarelli, la Repubblica
Il nuovo, ennesimo, terreno di scontro interno alla sinistra e al governo è fatto di plastica. Tutti pensano che siano dannosa per l’ambiente e che ne vada ridotto l’utilizzo, ma se di mezzo c’è la parola “tasse” allora cambia tutto. Il provvedimento non va giù a Matteo Renzi e al suo partito, sempre più contraltari dell’esecutivo di cui fanno parte. «È una mazzata alla classe media», sono state le parole dell’ex premier al Messaggero. Concetto ribadito da Luigi Marattin e Marco Di Maio, per i due deputati la tassa produrrebbe «effetti negativi per le aziende e per i lavoratori di quelle stesse aziende». L’idea è quella di presentare emendamenti alla manovra. Sulla stessa posizione anche il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini (Pd), impegnato in una complicata battaglia elettorale che potrebbe decidere le sorti dello stesso governo: «Il nostro piano regionale plastic free lo stiamo condividendo con le imprese del settore, studiando meccanismi di compensazione e incentivi che non danneggino il comparto, per una svolta ecologica assolutamente necessaria, ma che non deve colpire imprese e lavoro».
Queste resistenze di un pezzo di maggioranza contro la micro-tassa, una tra le molte misure inserite nella legge di bilancio, nasconde dissidi e sensibilità diverse ben più profondi. Ragiona ad esempio il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano sul proprio profilo Facebook: «Avete postato le foto del nostro mare e dei suoi abitanti inquinati di plastica. Avete aperto le vostre manifestazioni di corrente con video suggestivi sull’inquinamento e gli spezzoni di Obama. Avete distribuito tra i gadget pubblicitari borracce coi simboli e selfie con Greta e la sua generazione. E ora, 4 o 5 centesimi per quella bottiglietta che non volevate nelle vostre foto, valgono la vostra polemica?». Duro anche il vicesegretario dem Andrea Orlando: «Una manovra fortemente ecologista ma allo stesso tempo equa e che aiuta la ripresa e infastidisce perché mette in discussione interessi consolidati». Nicola Zingaretti stavolta non si esprime, ma le rimostranze di Provenzano e Orlando sono ampiamente condivise dal segretario del Pd. E rivendicate dal ministero dell’Economia: il vice ministro Misiani: «Tutte le scelte sono state condivise». E che l’argomento tocchi corde sensibili lo dimostra anche il post social di Paolo Gentiloni, oggi commissario europeo agli Affari economici: «Perché la transizione ecologica coinvolga, come deve, la grande maggioranza degli esseri umani bisogna spiegare bene ogni decisione e proteggere le persone, le aree geografiche, i settori che possono esserne danneggiati. La lotta al cambiamento climatico non può attendere». Una presa di posizione mediana, il tentativo di riconoscere le ragioni dei contrari e dei favorevoli.
Comunque sia, anche la sinistra-sinistra condivide il provvedimento sulla plastica. Per Nicola Fratoianni di LeU «non ci si può far belli con dichiarazioni roboanti quando i ragazzi scendono in piazza per il loro futuro e poi inchinarsi alle lobby economiche e alla difesa dei loro interessi». Gli ambientalisti di Europa Verde si dicono «assolutamente a favore della tassa sulla plastica, anche se – sottolinea la coordinatrice Elena Grandi – nella manovra sembrano mancare politiche di incentivo e sostegno che possano aiutare a riconvertire le aziende del settore». Fatto sta che adesso Italia Viva promette battaglia in Parlamento, agitando il vessillo “no Tax”. «Far marcia indietro su una misura del genere sarebbe davvero surreale», commenta l’europarlamentare pd Pierfrancesco Majorino. Anche due ministri dei 5 Stelle intervengono, Federico D’Incà, titolare dei Rapporti con il Parlamento («La plastic tax non deve essere messa in discussione») e Fabiana Dadone, ministra alla Pa («Giusto utilizzare la leva fiscale per orientare i comportamenti verso la sostenibilità»). Nel mirino di Iv però non c’è solo la tassa sulla plastica: si chiedono cambiamenti anche sull’aumento delle aliquote sulle auto aziendali e, per recuperare fondi, uno slittamento a settembre 2020 del taglio del cuneo fiscale per le fasce più basse di reddito. Diversità di vedute e posizionamenti tattici insieme, mine vaganti sul difficile cammino del governo giallorosso.

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Francesco Bisozzi, Il Messaggero
PriOra c’è anche la stima ufficiale del governo. La tassa sulla plastica vale quasi 1,8 miliardi. Nel 2020 frutterà solo, un miliardo perché i primi incassi arriveranno a luglio. Ma la batosta si farà sentire sul settore industriale e sui consumatori. L’imposta da 1 euro al chilogrammo, anche se dal suo raggio d’azione è stato escluso il Pet, garantirà insomma incassi miliardari, ma non si abbatterà solo sulle circa duemila aziende del settore degli imballaggi, che occupano 50 mila addetti, impatterà anche su quelle della componentistica auto, che sono oltre 2100, fino a quelle dell’arredo Made in Italy, che sono poco meno di 30 mila.
«Si colpisce in questo modo non uno ma molti settori industriali, senza tenere conto del fatto peraltro che al giorno d’oggi sono sempre di più le imprese che contribuiscono già all’economia circolare», ha lanciato l’allarme Paolo Scudieri, presidente del gruppo Adler, leader nella componentistica automotive. Come detto, anche se i primi a essere feriti dal balzello saranno imprenditori e fabbriche, non ci vuole particolare fantasia per immaginare che alla fine l’impatto della plastic tax verrà scaricato in larga parte sui prezzi finali dei prodotti. 

Risultato, per Federconsumatori il carrello della spesa costerà 138 euro in più all’anno, mentre il Codacons calcola che la stangata green si tradurrà in un esborso extra di 165 euro. Il prezzo di una bottiglietta d’acqua usa e getta, per esempio, aumenterà stando alle previsioni di circa 5 centesimi. Ma nel radar dell’ecotassa c’è spazio per un po di tutto. L’imposta prenderà di mira bottiglie, buste e vaschette per gli alimenti, i contenitori in tetrapak utilizzati per latte, bibite o vini, oltre a quelli per detersivi realizzati con materiali plastici, i tappi e le etichette. E ancora: la plastic tax colpirà pure gli imballaggi in polistirolo espanso, i rotoli in plastica pluriball e le pellicole e film in plastica estensibili che servono per la protezione o la consegna di prodotti come elettrodomestici o apparecchiature informatiche. Salva la plastica riciclata, il Pet delle bottiglie per bevande. Salve le siringhe. Salvi pure i prodotti riutilizzabili come le borracce. Alle aziende che adegueranno i loro macchinari per produrre materiali biodegradabili e compostabili il governo ha promesso infine un incentivo, un credito d’imposta nella misura del 10 per cento delle spese sostenute nel 2020 fino a un massimo di 20 mila euro. Incentivo che però rischia di non essere sufficiente a placare le polemiche. Il tributo green per le imprese serve solo a fare cassa e non mira a favorire la riconversione dei settori coinvolti. Per Confindustria la misura «penalizza i prodotti e non i comportamenti e rappresenta unicamente un’imposizione diretta a recuperare risorse ponendo ingenti costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese». Massimo Covezzi, in qualità di presidente di PlasticsEurope Italia, l’associazione europea delle materie plastiche, ha ricordato che l’industria della plastica sta ulteriormente investendo per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di economia circolare e ha sottolineato il rischio di penalizzare con la plastic tax un’intera filiera produttiva (produzione, trasformazione, macchinari e riciclo) che conta in Italia oltre 10 mila aziende, 150 mila addetti e un fatturato di oltre 40 miliardi di euro. 
Secondo le associazioni, dunque, una stretta generalizzata sulla produzione rischia soltanto di frenare l’industria senza incentivare buone pratiche e c’è chi minaccia addirittura uno sciopero fiscale per protestare contro il tributo ecologista. Insomma, la plastic tax, anche nell’attuale versione, stando a quanto affermano gli addetti ai lavori corre il pericolo di trasformarsi in un autentico boomerang. Ma il governo giallorosso, che pur di venire incontro a imprese e consumatori ha posticipato alla seconda metà del 2020 l’entrata in vigore del balzello, non sembra disposto a rinunciarvi. 

Francesco Bisozzi