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 2019  novembre 03 Domenica calendario

Alitalia, bruciati 800 milioni in 30 mesi

L’Alitalia ha già bruciato circa 837 milioni di euro di liquidità da quando è nella gestione commissariale. È come una fornace volante che, in media, ogni giorno brucia banconote per un valore di circa 900mila euro. 
Questo va avanti da 913 giorni. Al giro di boa dei due anni e mezzo di gestione commissariale – cominciata il 2 maggio 2017 – questi sono i calcoli elaborati dal Sole 24 Ore sulla base dei dati disponibili.
Dati piuttosto scarni, perché i commissari di Alitalia (Stefano Paleari, Enrico Laghi e Daniele Discepolo, che lo scorso dicembre ha sostituito Luigi Gubitosi) pubblicano poche informazioni sull’andamento economico-finanziario e patrimoniale della compagnia. Non sono tenuti per legge a pubblicare un bilancio consuntivo annuale, e infatti non lo pubblicano.
Tuttavia poiché la compagnia è tenuta in vita con soldi pubblici, altrimenti avrebbe smesso di volare da un pezzo perché, come ha osservato il vicepresidente della Bei Dario Scannapieco, «Alitalia oggi non ha ancora le caratteristiche per essere bancabile», sarebbe desiderabile un po’ più di trasparenza sui conti.
La gestione commissariale, nominata durante il governo di Paolo Gentiloni dall’allora ministro Carlo Calenda, ha scelto di fare un programma di cessione dell’attività e ha ottenuto un prestito statale di 900 milioni, a un tasso di circa il 10% annuo. Con una simile dote i commissari avrebbero anche potuto tentare di fare un programma di ristrutturazione dell’azienda. La legge lo consente in alternativa alla vendita dei beni.
Sta di fatto che la cessione non c’è ancora stata né è sicuro che ci sarà, ma i soldi sono finiti. Alitalia non è in grado di restituire i 900 milioni, non ha versato al Mef neppure gli interessi per 145 milioni maturati fino al 31 maggio scorso, poi cancellati per il periodo successivo dal «decreto Crescita» del precedente governo, che ha anche abolito il termine per il rimborso dei 900 milioni (era il 30 giugno).
Ecco come è calcolata la cassa bruciata. Il 28 aprile 2017 Alitalia – lo hanno reso noto i commissari – aveva in cassa 74 milioni. Con il commissariamento ha dovuto subito depositare 103 milioni in garanzia alla Iata. Inoltre fino al 31 dicembre 2018 (ultimi dati pubblicati) ha dovuto dare ulteriori depositi cauzionali per hedging e flotta per 34 milioni, che si aggiungono ai 56 milioni di depositi già presenti al 2 maggio 2017. Se si sommano i 74 milioni di liquidità ai 900 milioni del prestito e si sottraggono i 137 milioni di depositi aggiuntivi fatti dai commissari, residua una somma di 837 milioni: questa è la liquidità bruciata nei due anni e mezzo del commissariamento fino ad oggi.
L’ultimo dato ufficiale comunicato dai commissari è che a fine settembre rimanevano 310 milioni in cassa. Ma questa somma è gonfiata, come in un «doping amministrativo», dagli anticipi per i biglietti prepagati per i voli futuri. Questi soldi sono un debito della compagnia verso i clienti.
A quanto ammontino questi anticipi non si sa, ma si tratta di 4-5 milioni di biglietti. Secondo stime la cassa, depurata dagli anticipi già incassati, a fine settembre sarebbe ridotta a 160 milioni. La previsione è che questa cassa si esaurirà in dicembre, stando a fonti che hanno accesso ai dati. Non è indicato in quale giorno del mese, ma Alitalia rischia di rimanere senza carburante e senza soldi per pagare gli stipendi.
Del resto, se non ci fosse un’emergenza di liquidità per Alitalia il governo non avrebbe inserito nel decreto legge fiscale un nuovo finanziamento statale ad Alitalia. Nella bozza originaria il «prestito» era di 350 milioni. Nel testo finale è salito a 400 milioni. Il decreto dice che questo «finanziamento a titolo oneroso» (al tasso di quasi il 10%) è concesso per sei mesi ad Alitalia e alle altre società del gruppo «per le loro indilazionabili esigenze gestionali». L’obiettivo è «consentire di pervenire al trasferimento dei complessi aziendali».
Se verrà presentata l’offerta di acquisto vincolante – il che è ancora dubbio, le Fs stanno trattando con Atlantia e Delta, ma c’è anche l’ipotesi alternativa di Lufthansa, che piace di più ai Benetton – entro il termine del 21 novembre, ci vorrebbero comunque da 4 a 6 mesi ulteriori per completare le procedure necessarie prima del trasferimento: l’accordo con i sindacati sugli esuberi, l’autorizzazione Antitrust e altri passaggi.
Sono stati i commissari, nella lettera inviata al Mise il 18 ottobre, a chiedere «risorse a titolo oneroso per un importo non inferiore a 400 milioni di euro».
Con questo ulteriore prestito e calcolando gli interessi sul precedente finanziamento fino ad oggi, salgono a 9 miliardi e 200 milioni i costi di Alitalia per lo Stato e gli italiani in 45 anni di vita. In sostanza, con la gestione commissariale la gestione di Alitalia ha continuato a perdere come prima, il conto economico (che i commissari non pubblicano) secondo stime è in rosso per circa 500 milioni all’anno.
I risparmi sono stati modesti. Il risparmio maggiore è la cassa integrazione (pagata dallo Stato), in media mille lavoratori o poco più, circa il 9% dell’organico (11.600). Qualche risparmio c’è stato con la revisione dei contratti di copertura sul carburante con le banche e qualcosa nei leasing di aerei. I commissari hanno recuperato 126 milioni nel 2017 e 2018 con transazioni su crediti.
Un altro risparmio è stato fatto, si legge in una relazione dei commissari, con la sostituzione il 18 settembre 2018 di Lsg Skychefs (gruppo Lufthansa), fornitore del servizio catering presso l’aeroporto di Fiumicino, con Gate Gourmet Italia, che già forniva servizi di catering ad Alitalia presso numerosi scali italiani. «Con la sostituzione del fornitore si è riusciti a conseguire una contrazione dei costi del servizio di circa il 20% mantenendo gli standard qualitativi garantiti dalla compagnia». Chissà cosa succederà se Lufthansa si compra Alitalia.
Infine va dato conto, anche se il dato non è ufficiale, che per i commissari sarebbe stato fissato un compenso totale lordo di 10 milioni di euro, da dividere.